PARTE GENERALE
DEFINIZIONI
- “Apicali” o “Soggetti Apicali”: le persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale, nonché le persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso, come individuate dall’art. 5, comma 1, lett. a) del D.lgs. n. 231/2001;
- “Attività sensibili”: attività esercitate dall’Ente che presentano diretti rischi di commissione dei reati ai fini del Decreto;
- “Attività strumentali”: attività esercitate dall’Ente che presentano rischi di rilevanza penale solo quando, combinate con le Attività direttamente Sensibili, supportano la realizzazione del reato costituendone, quindi, la modalità di attuazione;
- “CCNL”: Contratto Collettivo di Lavoro vigente per i lavoratori dipendenti di SI.SE SPA;
- “CCNL Dirigenti”: Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per i dirigenti di aziende industriali;
- “Codice Etico”: Codice specifico adottato da SI.SE SPA ai fini del D.lgs. n. 231/2001 ed elemento essenziale del relativo Modello organizzativo; tale Codice costituisce il risultato di un processo integrativo avente ad oggetto un preesistente codice comportamentale adottato da SI.SE SPA il 01 Settembre 2023.
- “Condotta fraudolenta”: condotta elusiva di norme giuridiche al fine di conseguire un ingiusto profitto;
- “Confisca”: provvedimento consistente nell’espropriazione e devoluzione, a favore dello Stato, salvo che per la parte che può essere restituita al danneggiato, del prezzo o del profitto del reato, commesso nell’interesse o a vantaggio dell’Ente, da parte di soggetti Apicali o ad essi sottoposti (vedi anche “Apicali – Soggetti Apicali” e “Soggetto sottoposto a direzione e vigilanza dell’Apicale”);
- “Conflitto d’interesse”: situazione in cui si trova chi occupa due ruoli differenti contemporaneamente, con possibilità di interferenza di un ruolo sull’altro;
- “Consulenti”: coloro che agiscono in nome e/o per conto di SI.SE SPA sulla base di un mandato o di un rapporto di collaborazione;
- “Analisi del rischio”: valutazione del sistema esistente all’interno dell’ente ed il suo eventuale adeguamento, in termini di capacità di contrastare efficacemente, cioè ridurre ad un livello accettabile, i rischi di reato identificati.
- “Destinatari”: le persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’Ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale ovvero le persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso (Apicali), nonché le persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei predetti soggetti (Sottoposti);
- “Dipendenti”: tutti i dipendenti di SI.SE SPA (compresi i dirigenti);
- “D.lgs. n. 231/2001” o il “Decreto”: il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 e sue successive modifiche ed integrazioni;
- “Ente”: la persona giuridica responsabile in via amministrativa da reato ai sensi del D.lgs. n. 231/2001;
- “SI.SE SPA” o “la Società”: SI.SE Sistemi Segnaletici SPA, con sede in Mantova;
- “Linee Guida”: le Linee Guida per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo ex D.lgs. n. 231/2001, approvate dalle Associazioni di categoria; in particolare le Linee Guida approvate da Confindustria;
- “Modelli di Organizzazione”: i modelli organizzativi interni ad un Ente volti ad evitare le responsabilità previste dal Decreto;
- “Modello”: il presente modello di organizzazione, gestione e controllo, approvato ai sensi del D.lgs. n. 231/2001;
- “Organo Amministrativo”: il Consiglio di Amministrazione di SI.SE SPA;
- “Organi Sociali”: il Consiglio di Amministrazione e il Collegio Sindacale di SI.SE SPA;
- “Organismo di Vigilanza” (OdV): organismo indicato dall’art. 6, comma 1., lett. b) del D.lgs. n. 231/2001 e preposto alla vigilanza sul funzionamento e sull’osservanza del Modello e al relativo aggiornamento;
- “P.A.”: la Pubblica Amministrazione, inclusi i relativi funzionari, pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio;
- ”Partners”: le controparti contrattuali di SI.SE SPA (quali ad esempio. clienti, fornitori, agenti, etc.), siano essi persone fisiche o giuridiche, con cui SI.SE SPA addivenga ad una qualunque forma di collaborazione contrattualmente regolata (acquisto e cessione di beni e servizi, associazione temporanea d’impresa, joint venture, consorzi, ecc.), ove destinati a cooperare con la Società nell’ambito dei Processi Sensibili;
- “Protocolli”: insieme di regole – procedure – che disciplinano lo svolgimento delle singole attività svolte dall’Ente;
“Reati presupposto”: i Reati ai quali si applica la disciplina prevista dal D.lgs. n. 231/2001 (anche in riferimento alle successive ed eventuali modifiche ed integrazioni); - “Ricognizione” o “Mappatura” delle aree aziendali a rischio e delle potenziali modalità attuative degli illeciti in tali aree: Individuazione: delle attività in cui astrattamente si annida il rischio della commissione di un fatto penalmente rilevante;
- “Sottoposti”: le persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza dei soggetti che appartengono ai vertici aziendali (Apicali), individuati nell’art. 7 D.lgs. n. 231/2001;
- “Sanzione pecuniaria”: somma di denaro connessa al compimento di un illecito penale realizzato nell’interesse o a vantaggio dell’ente, da parte di soggetti Apicali o ad essi sottoposti (vedi “soggetti Apicali” e “Soggetto sottoposto a direzione e vigilanza dell’“apicale”);
- “Sanzione interdittiva”: condanna limitativa della libertà dell’ente ad operare nello specifico settore d’interesse avente ad oggetto la specifica attività alla quale si riferisce l’illecito dell’Ente;
- “Sistema di Controllo Preventivo”: insieme dei controlli posti a presidio delle Attività Sensibili;
- “Tracciabilità”: possibilità, partendo dalla parte finale di un processo, di documentare e risalire a tutte le operazioni e/o processi che lo hanno originato.
1. IL DECRETO LEGISLATIVO N. 231/2001
1.1. LA NORMATIVA
Il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, avente ad oggetto la “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica”, ha introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento la responsabilità degli Enti. Si tratta di una peculiare forma di responsabilità amministrativa, in sede penale, per taluni reati commessi da soggetti appartenenti ai vertici aziendali o da dipendenti.
Con tale intervento normativo, pertanto, alla responsabilità penale della persona fisica che ha commesso il reato, si è aggiunta una responsabilità c.d. amministrativa da reato dell’Ente a vantaggio o nell’interesse del quale lo stesso reato è stato perpetrato.
Tale responsabilità amministrativa c.d. da reato scatta nei confronti dell’Ente in presenza di tre presupposti e precisamente:
- Il primo presupposto consiste nella commissione di un reato tra quelli previsti dallo stesso decreto legislativo (c.d. reati presupposto) da parte di un soggetto persona fisica che presti la propria opera presso l’ente, a prescindere dalla posizione apicale o meno che lo stesso ricopra.
In entrambi i casi, sia di commissione del reato da parte di soggetto apicale sia di commissione da parte di un soggetto non apicale, in presenza degli altri presupposti si configura la responsabilità amministrativa da reato a carico dell’ente; la qualifica di soggetto apicale o non apicale nella struttura organizzativa dell’azienda, rileverà solamente per quanto riguarda le pratiche difensive che l’ente potrà e dovrà porre in essere per liberarsi dall’incolpazione, derivante dalla responsabilità amministrativa da reato. - Il secondo presupposto consiste nel fatto che il reato presupposto commesso dalla persona fisica deve essere posto in essere nell’interesse e a vantaggio dell’ente.
- Il terzo presupposto consiste nella mancata predisposizione da parte dell’ente di un modello organizzativo in grado di prevenire il reato presupposto commesso.
Le disposizioni di cui al D.lgs. n. 231/2001 si applicano, per espressa previsione dell’art 1, ai seguenti “Soggetti”:
- Enti forniti di personalità giuridica;
- Società e associazioni anche prive di personalità giuridica.
La responsabilità dell’Ente sorge in occasione della commissione dei reati, indicati dal decreto (c.d. reati presupposto), da parte di soggetti legati a vario titolo all’Ente stesso.
L’art. 5 del decreto, infatti, indica quali possibili autori del reato che, in presenza dei presupposti, comportino responsabilità amministrativa di reato:
- soggetti che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’Ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale (Apicali);
- soggetti che esercitano anche di fatto la gestione ed il controllo dell’Ente;
- soggetti sottoposti alla direzione o alla vigilanza di soggetti Apicali (Sottoposti).
Nell’ipotesi di reati commessi dai vertici, la responsabilità dell’Ente è esclusa qualora quest’ultimo dimostri che il reato è stato commesso eludendo fraudolentemente i modelli esistenti e che non vi sia stato, altresì, omesso o insufficiente controllo da parte dell’Organismo di Vigilanza, appositamente incaricato di vigilare sul corretto funzionamento e sulla effettiva osservanza del Modello stesso.
Nel caso di reato realizzato dal sottoposto, invece, l’esclusione della responsabilità dell’Ente è subordinata, in sostanza, alla adozione di Protocolli comportamentali adeguati, per il tipo di organizzazione e di attività svolta, a garantire lo svolgimento dell’attività stessa nel rispetto della Legge e a scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio.
Come da secondo presupposto l’ente sarà responsabile (c.d. responsabilità amministrativa da reato esclusivamente qualora la condotta illecita sia stata realizzata dai soggetti suindicati “nell’interesse o a vantaggio della Società” (art. 5, comma 1, D.lgs. n. 231/2001). Pertanto, per stessa volontà del Legislatore, l’Ente non risponde nell’ipotesi in cui i soggetti Apicali o i dipendenti abbiano agito “nell’interesse esclusivo proprio o di terzi” (art. 5, comma 2, D.lgs. n. 231/2001).
L’interesse dell’ente deve essere valutato ex ante rispetto al momento della commissione del reato presupposto, con un giudizio prognostico; ovvero, in altre parole, l’interesse è quel “guadagno” potenziale che, prima della commissione del fatto di reato, si possa immaginare che la società possa trarre a seguito della commissione del reato presupposto.
Il vantaggio, invece, è valutato ex post, dopo la commissione del reato e corrisponde al vantaggio effettivamente conseguito dall’ente.
Ai fini della configurazione di una responsabilità amministrative da reato a carico dell’Ente è altresì necessario che l’Ente non abbia predisposto un modello organizzativo in grado di prevenire il reato presupposto commesso.
Quindi la responsabilità dell’Ente può essere esclusa qualora, prima della commissione del fatto:
A. siano predisposti ed efficacemente attuati Modelli di Organizzazione e di gestione idonei a prevenire la commissione dei reati.
B. sia istituito un Organo di Controllo, con poteri di autonoma iniziativa con il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei Modelli di Organizzazione, anche verificandone il costante aggiornamento.
1.2 I REATI PRESUPPOSTO
La responsabilità dell’ente si configura solo e soltanto con la commissione di uno dei reati previsti dal Decreto Legislativo in oggetto e non, al contrario, con la commissione di un qualsiasi reato. Ciò integra il principio di “tassatività” dei reati presupposto.
Il catalogo dei suddetti “reati presupposto” è stato nel tempo, dal 2001 ad oggi, ampliato ed allo stato attuale comprende, tra gli altri, i seguenti reati, considerati per l’attività aziendale particolarmente rilevanti.
Si precisa che al presente modello viene allegata sotto la lettera “A” elencazione specifica dei reati presupposto aggiornata al maggio 2023 con indicazione della fattispecie criminosa e della data di introduzione.
Come meglio supra alcune (e più rilevanti) fattispecie previste, quali reati presupposto nel D.Lgs. 231/2001, sono:
Ex art. 24 D.Lgs. n. 231/2001 (Reati di frode in danno di Enti pubblici)
- malversazione a danno dello Stato (art. 316-bis c.p.), che punisce “chiunque, estraneo alla pubblica amministrazione, avendo ottenuto dallo Stato o da altro ente pubblico o dalle Comunità europee contributi, sovvenzioni o finanziamenti destinati a favorire iniziative dirette alla realizzazione di opere o
allo svolgimento di attività di pubblico interesse, non li destina alle predette finalità”; - indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato ex art. 316-ter c.p., il quale sancisce che “salvo che il fatto costituisca il reato previsto dall’articolo 640-bis, chiunque mediante l’utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l’omissione di informazioni dovute consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni”;
truffa ai danni dello Stato o di altro ente pubblico (art. 640, 2° comma, n. 1 c.p.), che punisce chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno; - truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis), che prevede la procedibilità di ufficio ed un aggravio di pena se il fatto di cui all’articolo 640 riguarda contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee;
- frode informatica ex art. 640-ter c.p. .
Ex art. 24-bis D.Lgs. n. 231/2001 (Reati informatici) sono reati presupposto:
- l’accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico ex art. 615-ter c.p., che punisce chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo;
- intercettazione, impedimento o interruzione illecita di comunicazioni informatiche o telematiche di cui all’art. 617-quater c.p.;
- installazione di apparecchiature atte ad intercettare, impedire od interrompere comunicazioni informatiche o telematiche ex 617-quinquies c.p., che punisce chiunque, fuori dai casi consentiti dalla legge, installa apparecchiature atte ad intercettare, impedire o interrompere comunicazioni relative ad un sistema informatico o telematico ovvero intercorrenti tra più sistemi;
- danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici di cui all’art. 635-bis c.p.;
- danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici utilizzati dallo Stato o da altro ente pubblico e/o comunque di pubblica utilità (635-ter c.p.);
- danneggiamento di sistemi informatici o telematici (635-quater c.p.);
- danneggiamento di sistemi informatici o telematici di pubblica utilità (635-quinquies c.p.);
- frode informatica del soggetto che presta servizi di certificazione di firma elettronica (640quinquies c.p.).
Ex art. 25 D.Lgs. n. 231/2001 (Reati contro la Pubblica Amministrazione) costituiscono reati presupposto:
- concussione (art. 317 c.p.) aggravata ex art. 319-bis, che punisce il pubblico ufficiale che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità” (articolo modificato come meglio infra dalla Legge Anticorruzione);
- corruzione per un atto d’ufficio, che si verifica quando un privato e un pubblico funzionario si accordano affinchè il primo corrisponda al secondo un compenso (non dovuto) per un atto in vario modo attinente alle attribuzioni di quest’ultimo (art. 318 c.p.);
- corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio (art. 319 c.p.);
- corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter c.p.);
- corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio (art. 320 c.p.);
- istigazione alla corruzione (art. 322 c.p.);
- peculato, concussione ed istigazione alla corruzione di membri degli Organi della Comunità Europea e di funzioni della Comunità Europea e degli Stati esteri (art. 322 bis c.p.).
Art. 25 bis D.Lgs. n. 231/2001 (Falsità in monete, in carte di pubblico credito e in valori di bollo):
- falsificazione di monete, spendita e introduzione nello Stato, previo concerto, di monete falsificate (art. 453 c.p.);
- alterazione di monete (art. 454 c.p.);
- spendita e introduzione nello Stato, senza concerto, di monete falsificate (art. 455 c.p.); spendita di monete falsificate ricevute in buona fede (art. 457 c.p.);
- falsificazione dei valori di bollo, introduzione nello Stato, acquisto, detenzione o messa in circolazione di valori di bollo falsificati (art. 459 c.p.);
- contraffazione di carta filigranata in uso per la fabbricazione di carte di pubblico credito o di valori di bollo (art. 460 c.p.);
- fabbricazione o detenzione di filigrane o di strumenti destinati alla falsificazione di monete, di valori di bollo o di carta filigranata (art. 461 c.p.);
- uso di valori di bollo contraffatti o alterati (art. 464, c.p.).
Art. 25 ter D.Lgs. n. 231/2001 che prevede quali reati presupposto nell’ambito dei c.d. Reati societari i seguenti:
- false comunicazioni sociali (art. 2621 c.c.);
- false comunicazioni sociali in danno dei soci e dei creditori (art. 2622 c.c.); per quanto riguarda tali ultime due ipotesi criminose la condotta tipica coincide quasi totalmente e le due fattispecie si differenziano per il verificarsi o meno di un danno patrimoniale ai destinatari delle comunicazioni. La prima (art. 2621 c.c.) è una fattispecie di pericolo ed è costruita come una contravvenzione dolosa; la seconda (art. 2622 c.c.) di natura delittuosa è costruita come un reato di danno.
Le due fattispecie criminose si realizzano tramite l’esposizione nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico di fatti materiali non rispondenti al vero, ancorché oggetto di valutazioni, idonei ad indurre in errore i destinatari della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, con l’intenzione di ingannare i soci, i creditori o il pubblico; ovvero l’omissione, con la stessa intenzione, di informazioni sulla situazione medesima la cui comunicazione è imposta dalla legge.
Si precisa che:
- la condotta deve essere rivolta a conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto;
- le informazioni false o omesse devono essere rilevanti e tali da alterare sensibilmente la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene;
- la punibilità è comunque esclusa se le falsità o le omissioni determinano una variazione del risultato economico di esercizio al lordo delle imposte non superiore al 5% o una variazione del patrimonio netto non superiore all’1%; in ogni caso il fatto non è punibile se conseguenza di vantazioni estimative che, singolarmente considerate differiscono in misura non superiore al 10% di quella corretta;
- la responsabilità si estende anche all’ipotesi in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.
Soggetti attivi del reato sono gli amministratori, i direttori generali, i sindaci ed i liquidatori (reato proprio);
- falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione (art. 2624 c.c.);
Il reato consiste in false attestazioni od occultamento di informazioni, da parte dei responsabili della revisione, concernenti la situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto.
La sanzione è più grave se la condotta ha cagionato un danno patrimoniale ai destinatari delle comunicazioni.
Soggetti attivi sono i responsabili della società di revisione (reato proprio), ma i componenti degli organi di amministrazione e di controllo dell’azienda e i suoi dipendenti possono essere coinvolti a titolo di concorso nel reato. È, infatti, ipotizzabile il concorso eventuale, ai sensi dell’alt 110 c.p., degli amministratori, dei sindaci, o di altri soggetti della società revisionata, che abbiano determinato o istigato la condotta illecita del responsabile della società di revisione;
- impedito controllo (art. 2625 c.c.); gli amministratori che, occultando documenti o con altri idonei artifici, impediscono o comunque ostacolano lo svolgimento delle attività di controllo legalmente attribuite ai soci, o ad altri organi sociali, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria fino a 10.329 euro.
Se la condotta ha cagionato un danno ai soci, si applica la reclusione fino ad un anno e si procede a querela della persona offesa.
La pena è raddoppiata se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell’Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.
La condotta consiste nell’impedire od ostacolare, mediante occultamento di documenti od altri idonei artifici, lo svolgimento delle attività di controllo o di revisione legalmente attribuite ai soci, ad altri organi sociali, ovvero alle società di revisione.
Soggetti attivi del reato possono essere solo gli amministratori (reato proprio).
- indebita restituzione dei conferimenti (art. 2626 c.c.): la condotta tipica consiste nella restituzione dei conferimenti ai soci o nella liberazione degli stessi dall’obbligo di eseguirti, in maniera palese o simulata, fuori dei casi di legittima riduzione del capitale sociale.
Soggetti attivi del reato possono essere solo gli amministratori (reato proprio): la legge, cioè, non ha inteso punire anche i soci beneficiari della restituzione o della liberazione escludendo il concorso necessario. Resta, tuttavia, la possibilità del concorso eventuale, in virtù del quale risponderanno del reato, secondo le regole generali del concorso di cui all’art. 10 c.p.. anche i soci che hanno svolto un’attività di istigazione o di determinazione nei confronti degli amministratori;
- illegale ripartizione degli utili e delle riserve (art. 2627 c.c.): la condotta criminosa di tale reato, di natura contravvenzionale, consiste nel ripartire utili o acconti sugli utili non effettivamente conseguiti o destinati per legge a riserva, ovvero ripartire riserve, anche non costituite con utili, che non possono per legge essere distribuite.
Si fa presente che la ricostituzione degli utili o delle riserve prima del termine previsto per l’approvazione del bilancio estingue il reato.
Soggetti attivi del reato sono gli amministratori (reato proprio). Anche in tal caso, peraltro sussiste la possibilità del concorso eventuale dei soci che hanno svolto un’attività di istigazione o di determinazione nei confronti degli amministratori;
- illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante (art. 2628 c.c.): questo reato si perfeziona con l’acquisto o la sottoscrizione di azioni o quote sociali o della società controllante, che cagioni una lesione all’integrità del capitale sociale e delle riserve non distribuibili per legge.
Si fa presente che se il capitale sociale o le riserve sono ricostituiti prima del termine previsto per l’approvazione del bilancio, relativo all’esercizio in relazione al quale è stata posta in essere la condotta, il reato è estinto. Il reato può essere commesso dagli amministratori in relazione alle azioni della Società, mentre nell’ipotesi di operazioni illecite sulle azioni della società controllante, una responsabilità degli amministratori dell’azienda è configurabile solo a titolo di concorso nel reato degli amministratori delle società controllate, ove vi sia determinazione o istigazione a commettere il reato nei confronti di questi ultimi. Anche i soci possono rispondere allo stesso titolo;
- operazioni in pregiudizio dei creditori (art. 2629 c.c.): la fattispecie si realizza con l’effettuazione, in violazione delle disposizioni di legge a tutela dei creditori, di riduzioni del capitale sociale o fusioni con altra società o scissioni che cagionino danno ai creditori (reato di evento).
Si fa presente che il risarcimento del danno ai creditori prima del giudizio estingue il reato.
Soggetti attivi del reato sono, anche in questo caso gli amministratori.
- omessa comunicazione del conflitto di interessi (art. 2629 bis c.c.): L’amministratore o il componente del consiglio di gestione di una società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altro Stato dell’Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, ovvero di un soggetto sottoposto a vigilanza ai sensi del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, o del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, che vìola gli obblighi previsti dall’articolo 2391, primo comma, è punito con la reclusione da uno a tre anni, se dalla violazione siano derivati danni alla società o a terzi.
Soggetti attivi del reato sono gli amministratori ed i soci conferenti;
- formazione fittizia del capitale (art. 2632 c.c.): il reato è integrato dalle seguenti condotte: a) fittizia formazione o aumento del capitale sociale mediante attribuzione di azioni o quote sociali per somma inferiore al loro valore nominale; b) sottoscrizione reciproca di azioni o quote; c) sopravvalutazione rilevante dei conferimenti di beni in natura, di crediti, ovvero del patrimonio della società nel caso di
trasformazione.
Soggetti attivi del reato sono gli amministratori ed i soci conferenti.
Si precisa che non è incriminato, invece, l’omesso controllo ed eventuale revisione da parte di amministratori e sindaci, ai sensi dell’ari 2343, 3° comma, c.c. della valutazione dei conferimenti in natura contenuta nella relazione di stima redatta dall’esperto nominato dal Tribunale.
- indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori (art. 2633 c.c.): Il reato si perfeziona con la ripartizione di beni sociali tra i soci prima del pagamento dei creditori sociali o dell’accantonamento delle somme necessario a soddisfarti che cagioni un danno ai creditori (reato di danno).
II risarcimento del danno ai creditori prima del giudizio estingue il reato.
Soggetti attivi del reato sono esclusivamente i liquidatori (reato proprio). Anche in tal caso, peraltro, sussiste la possibilità del concorso eventuale dei soci che hanno svolto un’attività di istigazione o di determinazione nei confronti degli amministratori;
- illecita influenza sull’assemblea (art. 2636 c.c.): la condotta tipica prevede che si determini con atti simulati o con frode la maggioranza in assemblea (reato di evento), allo scopo di conseguire, per sé o per altri, un ingiusto profitto (dolo specifico).
Il reato è costruito come un “reato comune”, che, cioè può essere commesso da chiunque, quindi anche da soggetti estranei alla società;
- aggiotaggio (art. 2637 c.c.): la realizzazione della fattispecie prevede che si diffondano notizie false ovvero si pongano in essere operazioni simulate o altri artifici, concretamente idonei a cagionare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari quotati o meno ovvero ad incidere in modo
significativo sull’affidamento del pubblico nella stabilità patrimoniale di banche o gruppi bancari.
Anche questo reato è un reato comune, che può essere commesso da chiunque.
- Ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza:
la norma individua due ipotesi di reato distinte per modalità di condotta e momento offensivo: la prima si realizza attraverso l’esposizione nelle comunicazioni alle autorità di vigilanza previste dalla legge, al fine di ostacolarne le funzioni, di fatti materiali non rispondenti al vero, ancorché oggetto di valutazioni, sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria dei sottoposti alla vigilanza, ovvero con l’occultamento con altri mezzi fraudolenti, in tutto o in parte di fatti che avrebbero dovuto essere comunicati, concernenti la situazione medesima (1° comma); la seconda si realizza con il semplice ostacolo all’esercizio delle funzioni di vigilanza, attuato consapevolmente, in qualsiasi forma, anche omettendo le comunicazioni dovute alle autorità di vigilanza (2° comma). Occorre sul punto precisare che la prima ipotesi di reato si incentra su una condotta di falsità che persegue la finalità specifica di ostacolare le funzioni di vigilanza (dolo specifico); – la seconda ipotesi di reato configura un reato di evento (ostacolo all’esercizio delle funzioni di vigilanza) a forma libera, realizzabile, cioè con qualsiasi modalità di condotta, inclusi i comportamenti emissivi, il cui elemento soggettivo è costituito dal dolo generico.
Art. 25 quater D.Lgs. n. 231/2001 (Delitti con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico previsti dal Codice penale e dalle leggi speciali)
Tale norma fa riferimento ad una serie indeterminata di fattispecie, contenute sia all’interno del codice penale, sia in leggi speciali. Esse sono caratterizzate tutte dalla finalità di terrorismo o, appunto, di eversione dell’ordinamento democratico.
Art. 25 quater 1 D.Lgs. n. 231/2001 (Delitti contro la persona), ovvero il reato di pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili (art. 583 bis c.p.).
Art. 25 quinquies D.Lgs. n. 231/2001 (Delitti contro la personalità individuale) che prevede quali reati presupposto:
- riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù (art. 600 c.p.): la condizione analoga alla schiavitù di cui agli articoli 600 e 602 Codice Penale non si identifica necessariamente con una situazione di diritto e cioè normativamente prevista bensì anche con qualsiasi situazione di fatto con cui la condotta dell’agente abbia per effetto la riduzione della persona offesa nella condizione materiale dello schiavo e cioè nella sua soggezione esclusiva ad un altrui potere di disposizione, analogo a quello che viene riconosciuto al padrone sullo schiavo negli ordinamenti in cui la schiavitù sia ammessa. Ai fini della configurabilità dell’elemento soggettivo del reato è richiesta la coscienza e la volontà di ridurre la vittima ad una res oggetto di diritti patrimoniali e la consapevole volontà di trarre profitto dalla sua persona, considerata come cosa, atta a rendere utilità o servigi, a essere prestata ceduta o venduta.
Il reato può essere commesso da chiunque, ma in particolare da soggetti in posizione apicale.
- prostituzione minorile (art. 600 bis c.p.);
- pornografia minorile (art. 600 ter c.p.);
- detenzione di materiale pornografico (art. 600 quater c.p.);
- pornografia virtuale (art. 600 quater 1 c.p. – introdotto con la L. 38/2006);
- iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile (art. 600 quinquies c.p.);
- tratta di persone (art. 601 c.p.);
- alienazione e acquisto di schiavi (art. 602 c.p.): Il delitto di cui all’art. 602 c.p. presuppone come soggetto passivo una persona che già si trovi in stato di schiavitù o in condizione analoga e cioè di sottoposizione a lavoro forzato e obbligatorio.
Il reato può essere commesso da chiunque ma principalmente da soggetti in posizione apicale.
Art. 25 sexies D.Lgs. n. 231/2001 (Abusi di mercato), che annovera tra i reati presupposto i seguenti:
- abuso di informazioni privilegiate (art. 184 D.Lgs. 58/1998); tale ipotesi di reato si configura a carico di chiunque, essendo entrato (direttamente) in possesso di informazioni privilegiate in ragione della sua qualità di membro di organi di amministrazione, direzione o controllo dell’emittente, della partecipazione al capitale dello stesso, ovvero dell’esercizio di un’attività lavorativa, di una professione o di una
funzione, anche pubblica, o di un ufficio: - acquista, vende o compie altre operazioni, direttamente o indirettamente, per conto proprio o per conto di terzi, su strumenti finanziari utilizzando le informazioni medesime, c.d. trading;
- comunica tali informazioni ad altri, al di fuori del normale esercizio del lavoro, della professione, della funzione o dell’ufficio cui è preposto (a prescindere dalla circostanza che i terzi destinatari utilizzino effettivamente l’informazione «comunicata»), c.d. tipping;
- raccomanda o induce altri, sulla base di esse, al compimento taluna delle operazioni indicate nel primo punto, c.d. tuyuatage.
I soggetti di cui sopra, in funzione del loro accesso diretto alla fonte dell’informazione privilegiata vengono definiti insider primari;
- manipolazione del mercato (ex art. 185 D.lgs. 58/98); tale ipotesi di reato si configura a carico di chiunque diffonde notizie false (c.d. aggiotaggio informativo) o pone in essere operazioni simulate o altri artifizi concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari (c.d. aggiotaggio operativo).
REATI INTRODOTTI DA NORMATIVE NEL CORSO DEL 2008
Con la legge 18 marzo 2008 n. 48, art. 7 è stato introdotto all’art. 24 bis rubricato Delitti informatici e trattamento illecito di dati, quale reato presupposto la fattispecie di frode informatica del soggetto che presta servizi di certificazione di firma elettronica.
Il dettame normativo prevede che “il soggetto che presta servizi di certificazione di firma elettronica, il quale, al fine di procurare a sè o ad altri un ingiusto profitto ovvero di arrecare ad altri danno, viola gli obblighi previsti alla legge per il rilascio di un certificato qualificato, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da 51 a 1.032 euro”.
Con la stessa legge di cui sopra, come modificato dal D.Lgs. 15 gennaio 2016, è stato, altresì, introdotto il reato di
Danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici, che così recita: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque distrugge, deteriora, cancella, altera o sopprime informazioni, dati o programmi informatici altrui è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Se il fatto è commesso con violenza alla persona o con minaccia ovvero con abuso della qualità di operatore del sistema, la pena è della reclusione da uno a quattro anni”.
REATI INTRODOTTI DA NORMATIVE NEL CORSO DEL 2009
Nel corso dell’anno 2009, a seguito dell’emanazione di nuove previsioni normative, sono state introdotte ulteriori fattispecie di reato presupposto al D.Lgs. n. 231/2001 e precisamente:
L’art. 2 comma 29 della Legge 15 luglio 2009 n. 94 (Disposizioni in materia di pubblica sicurezza) ha introdotto:
Articolo 24 ter D.Lgs. 231/2001 (Delitti di criminalità organizzata), che annovera tra i reati presupposto le seguenti fattispecie:
- associazione per delinquere semplice (art. 416 c.p.): l’associazione per delinquere non è necessariamente un organismo formale, sostanziandosi nell’accettazione, insieme ad almeno altre due persone, di una disponibilità ed un impegno permanenti a svolgere determinati compiti al fine di realizzare un programma di fatti delittuosi.
È sufficiente che tale adesione dia vita a un organismo plurisoggettivo che indipendentemente da eventuali forme esterne, sia in grado di avere un volontà autonoma rispetto a quella dei singoli e di svolgere una condotta
collettiva, sintesi delle condotte individuali al fine di realizzare il programma criminoso.
E da ciò che derivano il danno immediato all’ordine pubblico ed il pericolo per i beni che i delitti in programma offendono.
In tema di reati associativi ciò che rileva è l’effettiva costituzione ed operatività di un organizzazione stabile.
Il dolo nel delitto di partecipazione semplice o qualificata ad una associazione per delinquere non consiste soltanto nella coscienza e volontà di apportare quel contributo richiesto dalla norma incriminatrice, ma nella consapevolezza anche di partecipare e contribuire attivamente con esso alla vita di una associazione.
Il reato è costruito come un reato comune la cui condotta può essere posta in essere da qualunque soggetto;
- associazione per delinquere di tipo mafioso anche straniera (art. 416 bis c.p.): un’ associazione può ritenersi di tipo mafioso, distinguendosi dalla tradizionale per delinquere quando sia connotata da quei particolari elementi di cui all’art. 416 bis dei quali il principale ed imprescindibile è il metodo mafioso seguito per la realizzazione del programma criminoso.
L’associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti e vantaggi ingiusti per sé o per altri ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali.
Soggetti attivi del reato sono persone che hanno collegamenti con la criminalità organizzata di stampo mafioso pertanto è un reato che potrebbe essere commesso da chiunque;
- scambio elettorale politico-mafioso (art. 416 ter c.p.): per la configurabilità del reato non basta l’elargizione di denaro, in cambio dell’appoggio elettorale ad un soggetto aderente a consorteria di tipo mafioso , ma occorre che quest’ultimo faccia ricorso all’intimidazione ovvero alla prevaricazione di tipo mafioso con le modalità precisate nell’art. 416 bis II comma, per impedire ed ostacolare il libero esercizio del voto e per falsare il risultato elettorale; elementi da ritenersi essenziali ai fini della distinzione tra figura di reato in questione ed i “similari” illeciti dei testi unici sulle legge elettorali.
La costituzione del reato fa sì che lo stesso sia indirizzato a soggetti già inseriti nella criminalità organizzata.
Ciò non toglie che tale reato sia un reato comune, che potrebbe essere commesso da chiunque;
- sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione (art. 630 c.p.);
- associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 74 DPR n. 309/1990);
- illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e il porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi ed esplosivi (art. 407, comma 2 n. 5 c.p.p.).
L’art. 15 , comma 7, “Tutela penale dei diritti di proprietà industriale” della Legge 23 luglio 2009 n. 99 “Disposizioni per lo sviluppo e l’internalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia” ha modificato l’art. 25 bis ed introdotto gli art. 25 bis 1 e 25 novies del D.Lgs. n. 231/2001 e precisamente:
Articolo 25 bis D.Lgs. n. 231/2001 (Reati di contraffazione) contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni (art. 473 c.p.);
- introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi (474 c.p.);
Articolo 25 bis 1 D.Lgs. n. 231/2001 (Delitti contro l’industria e il commercio) turbata libertà dell’industria e del commercio (art. 513 c.p.);
- illecita concorrenza con minaccia e violenza (art. 513 bis c.p.); frode contro le industrie nazionali (art. 514 c.p.);
- frode nell’esercizio del commercio (art. 515 c.p.);
- vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine (art. 516 c.p.);
- vendita di prodotti industriali con segni mendaci (art. 517 c.p.);
- fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale (art. 517 ter c.p.);
- contraffazioni di indicazioni geografiche e denominazione di origine dei prodotti agroalimentari (art. 517 quater c.p.);
Articolo 25 novies D.Lgs. n. 231/2001 (Delitti in materia di violazione dei diritti di autore)
- Violazione del diritto di autore (Legge n. 633/1941 art. 171 comma 1, a) bis e comma 3 – art.171 bis – art. 171 ter – art. 171 septies – art. 171 octies).
L’art. 4 della legge 3 agosto 2009 n. 116 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione dell’organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione) ha introdotto:
Articolo 25 novies D.Lgs. n. 231/2001 (rinominato in articolo 25 decies)
- Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mandaci all’autorità giudiziaria (art. 377 bis c.p.).
In data 7 luglio 2011 il D.Lgs. n. 121/2011 ha rinominato l’articolo 25 novies “induzione a non rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria” in art. 25 decies.
REATI INTRODOTTI DA NORMATIVE NEL CORSO DEL 2011
In data 7 luglio 2011 è stato approvato il D.Lgs. n. 121 che recepisce le direttive 2008/99 CE sulla tutela penale dell’ambiente nonché la direttiva 2009/123/CE relativa all’inquinamento provocato dalle navi. Il D.Lgs. n. 121/2011 con riferimento al D.Lgs. n. 231/2001 ha:
- rinominato l’art. 25 novies, “induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’Autorità giudiziaria”, in art. 25 decies;
- inserito l’art. 25 undecies.
Articolo 25 undecies D.Lgs. n. 231/2001 (Reati Ambientali Reati previsti dal Codice Penale)
- uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette (art. 727 bis c.p.);
- distruzione o deterioramento dell’habitat all’interno di un sito protetto (art. 733 bis c.p.).
Norme in materia di ambiente D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152;
- scarichi di acque reflue industriali contenenti sostanze pericolose (art. 137 comma 2).
La disposizione punisce le condotte di chiunque apra o comunque effettui nuovi scarichi di acque reflue industriali, contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle allegate allo stesso decreto, senza autorizzazione oppure continui ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l’autorizzazione sia stata sospesa o revocata.
Occorre a questo punto chiarire che cosa si intenda per acque reflue industriali.
Secondo la Cassazione n. 44062 del 2011 integra il reato di scarico abusivo lo scarico, senza autorizzazione, delle acque di falda provenienti da attività di escavazione, ove intorbidate da residui dei lavori di scavo e di cantiere, essendo queste qualificabili come acque reflue industriali.
In merito alla distinzione tra acque reflue “domestiche” e acque reflue “industriali” la Cassazione n. 16446 ha affermato che entrambe possono derivare da attività di servizi e che, pertanto, l’elemento determinante di distinzione vè individuato nella derivazione prevalente delle acque reflue dal metabolismo umano e da attività domestiche. In applicazione di tale principio, i reflui derivanti da attività che non attengono strettamente alla coabitazione ed alla convivenza di persone, al prevalente metabolismo umano ed alle attività domestiche devono essere qualificati come industriali;
- scarichi di acque reflue industriali contenenti sostanze pericolose in difformità da prescrizioni (art. 137, comma 3).
E’ punito, chiunque, in relazione alle sostanze indicate nello stesso decreto legislativo, nell’effettuazione dello scarico di acque reflue industriali superi i valori limiti fissati nelle tabelle allegate al decreto legislativo, oppure i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall’Autorità competente a norma dell’art. 107, comma 1 del decreto legislativo 152/2006.
La pena è l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da tremila a trentamila euro.
- scarichi di acque reflue industriali contenenti sostanze pericolose oltre i valori limite (art. 137 comma 5);
- scarichi su suolo, sottosuolo e acque sotterranee (art. 137 comma 11);
Chiunque non osservi i divieti di scarico nel suolo nel sottosuolo e nelle acque sotterranee è punito con l’arresto sino a tre anni.
- scarico da navi o aeromobili di sostanze vietate (art. 137, comma 13);
La disposizione punisce lo scarico nelle acque del mare da parte di navi od aeromobili di sostanze o materiali per i quali è imposto il divieto assoluto di sversamento ai sensi delle disposizioni contenute nelle convenzioni internazionali vigenti in materia e ratificate dall’Italia, salvo che siano in quantità tali da essere resi rapidamente innocui dai processi fisici chimici e biologici, che si verificano naturalmente in mare e purché in presenza di preventiva autorizzazione dell’autorità competente.
E’ prevista la pena dell’arresto da due mesi a due anni.
- attività di gestione di rifiuti non autorizzata (art. 256, comma 1 lettera a, b);
- discarica non autorizzata (art. 256, comma 3 – primo e secondo periodo);
- miscelazione dei rifiuti (art. 256, comma 5);
- deposito temporaneo di rifiuti sanitari pericolosi (art. 256 comma 6 primo periodo);
- bonifica dei siti inquinati (art. 257, comma 1);
- bonifica dei siti da sostanze pericolose (art. 257 comma 2);
- violazione degli obblighi di comunicazione, tenuta dei registri obbligatori e dei formulati (art. 258 comma 4);
- traffico illecito dei rifiuti (art. 259, comma 1);
- attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 260 comma 1 e 2);
- controllo della tracciabilità dei rifiuti (art. 260 bis comma 6. 7 secondo periodo, 8 primo periodo);
- superamento dei valori limite di emissione e di qualità dell’aria (art. 279, comma 5).
Articolo 25 undecies D.Lgs. n. 231/2001 (Reati Ambientali Reati previsti dal Testo Unico sull’Ambiente):
- Scarichi sul suolo (art. 103 D.lgs. 152/06). 4. Scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee (art. 104 D.lgs. 152/06);
- Scarichi in reti fognarie (art. 107 D.lgs. 152/06);
- Scarichi di sostanze pericolose (art. 108 D.lgs. 152/06);
- Sanzioni penali (art. 137 D.lgs. 152/06);
- Attività di gestione di rifiuti non autorizzata (art. 256 D.lgs. 152/06).
- Bonifica dei siti (art. 257 D.lgs. 152/06);
- Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari (art. 258 D.lgs. 152/06);
- Traffico illecito di rifiuti (art. 259 D.lgs. 152/06);
- Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 260 D.lgs. 152/06);
- Sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti – SISTRI (art. 260-bis D.lgs. 152/06);
- Sanzioni (art. 279 D.lgs. 152/06);
- Cessazione e riduzione dell’impiego delle sostanze lesive (L. 549/93, art. 3);
- Importazione, esportazione, detenzione, utilizzo per scopo di lucro, acquisto, vendita, esposizione o detenzione per la vendita o per fini commerciali di specie protette (L. 150/92, artt. 1 e 2);
- Inquinamento doloso (D.lgs. 202/07, art. 8);
- Inquinamento colposo (D.lgs. 202/07, art. 9).
Disciplina dei reati relativi all’applicazione in Italia della convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione, (convenzione di Washington del marzo 1973) Legge 7 febbraio 1992 n. 150:
- importazione, esportazione, trasporto, utilizzo detenzione e commercio di specie in via di estinzione;
- importazione, esportazione, trasporto, utilizzo detenzione e commercio di specie protette; detenzione di mammiferi e rettili pericolosi per la salute e l’incolumità pubblica;
Impiego di sostanze lesive dell’ozono. Legge 28 dicembre 1993 n. 549 misure a tutela dell’ozono stratosferico e dell’ambiente” Legge 28 dicembre 1993 n. 549 art.3 comma 6.
Il D.Lgs. n. 121 del 7 luglio 2011 ha introdotto, nel D.Lgs. n. 152 del 3 aprile 2006, all’art. 260 bis (Sistema informatico del controllo della tracciabilità dei rifiuti) gli articoli:
- 9 bis – che stabilisce le sanzioni per gli Enti che violano diverse disposizioni ovvero commettono più violazioni della stessa disposizione;
- 9ter – che stabilisce i termini per sanare/definire le controversie sorte relative al sistema informatico di controllo di cui al comma 1.
REATI INTRODOTTI DA NORMATIVE NEL CORSO DEL 2012
Reato introdotto con il D.Lgs. n.109 del 2012 all’interno del D.Lgs. n. 231/2001:
Art. 25 duodecies (Impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare).
Tale tipologia di reato è stato introdotto tra quelli presupposto, ai fini della responsabilità amministrativa dell’ente, a decorrere dal 9 agosto 2012 in attuazione della Direttiva 2009/52/CE che prevede norme minime relative a sanzioni ed a provvedimenti nei confronti dei datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.
In particolare, viene prevista la responsabilità dell’ente quando lo sfruttamento di manodopera irregolare supera certi limiti stabiliti, in termini di numero di lavoratori età e condizioni lavorative, sanciti dall’art.22 comma 12 bis D.lgs. 286/98, cd “Testo Unico dell’Immigrazione”.
Si tratta del caso in cui il datore di lavoro occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno, ovvero il cui permesso sia scaduto e del quale non sia stato richiesto nei termini di legge il rinnovo revocato o annullato, nei casi in cui in cui i lavoratori siano:
- In numero superiore a tre;
- Minori in età non lavorativa;
- Sottoposti alle altre condizioni lavorative di particolare sfruttamento di cui all’art. 603 bis comma 3 C.p., ossia in caso di sussistenza di violazioni della normativa in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro, tale da esporre il lavoratore a pericolo per la salute la sicurezza o l’incolumità personale.
Al di fuori dei casi suddetti la responsabilità amministrativa dell’ente si configurerà solo se venga riconosciuto il compimento del più grave reato di “riduzione in schiavitù”, di cui all’art. 600 c.p. come previsto dall’art. 25-quinquies D.lgs. 231/2001 o dell’ulteriore reato di “Associazione per delinquere” di cui all’art. 416 del codice Penale richiamato dall’art.24-ter D.lgs. 231/2001.
Reato di Induzione a dare o a promettere utilità ex art. 319 quater Codice penale, inserito sia nel codice penale sia nel novero dei reati presupposto dalla legge 190/2012, il quale recita: “salvo che il fatto costituisca più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce taluno a dare o a promettere indebitamente a lui o ad un terzo, denaro o altra utilità è punito con la reclusione da sei anni a dieci anni e sei mesi”.
Reato di Traffico di influenze illecite, introdotto dalla Legge 190 del 2012 e riformato dal Decreto Anticorruzione (legge n. 3 del 9 gennaio 2019) recita “Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 319 e 319-ter, sfruttando relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o con un incaricato di un pubblico servizio, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale, come prezzo della propria mediazione illecita verso il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio ovvero per remunerarlo, in relazione al compimento di un atto
contrario ai doveri di ufficio o all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio, è punito con la reclusione da uno a tre anni. La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altro vantaggio patrimoniale. La pena è aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio. Le pene sono altresì aumentate se i fatti sono commessi in relazione all’esercizio di attività giudiziarie. Se i fatti sono di particolare tenuità, la pena è diminuita”;
Reato di Corruzione tra privati introdotto con la L. 190/2012 (c.d. “Legge Severino”) e riformato dal Decreto Anticorruzione (legge n. 3 del 9 gennaio 2019) punisce all’art. 2635 c.c., salvo che il fatto costituisca più grave reato, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, di società o enti privati che, anche per interposta persona, sollecitano o ricevono, per sè o per altri, denaro o altra utilità non dovuti, o ne accettano la promessa, per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi
inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà. La pena è la reclusione da uno a tre anni. Si applica la stessa pena se il fatto è commesso da chi nell’ambito organizzativo della società o dell’ente privato esercita funzioni direttive diverse da quelle proprie dei soggetti di cui al precedente periodo.
2. Si applica la pena della reclusione fino a un anno e sei mesi se il fatto è commesso da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati al primo comma.
3. Chi, anche per interposta persona, offre, promette o dà denaro o altra utilità non dovuti alle persone indicate nel primo e nel secondo comma, è punito con le pene ivi previste.
REATI INTRODOTTI DA NORMATIVE NEL CORSO DEL 2014
La legge numero 186/2014 del 15 dicembre 2014, ha introdotto, nell’ambito dei reati contro la pubblica amministrazione, sia nel codice penale (art. 648 – ter I comma) sia nel novero dei reati presupposto il reato di “Autoriciclaggio” il quale punisce la condotta di riciclaggio posta in essere dallo stesso soggetto che ha commesso o ha concorso a commettere il reato presupposto, dal quale derivano i proventi illeciti.
L’art. 648 ter c.p. recita che: “si applica la pena della reclusione da due a otto anni e della multa da euro 5.000 a euro 25.000 a chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa”.
La legge 04/03/2014 n. 39, art. 3 ha introdotto nel novero dei reati presupposto all’art. 25 quinquies del D.Lgs. 231/2001 il reato di :
Adescamento di minorenni, che punisce:
“Chiunque, allo scopo di commettere i reati di cui agli articoli 600, 600-bis, 600-ter e 600-quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all’articolo 600-quater.1, 600-quinquies, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies, adesca un minore di anni sedici.
Tale soggetto è punito, se il fatto non costituisce più grave reato, con la reclusione da uno a tre anni. Per adescamento si intende qualsiasi atto volto a carpire la fiducia del minore attraverso artifici, lusinghe o minacce posti in essere anche mediante l’utilizzo della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione.
REATI INTRODOTTI DA NORMATIVE NEL CORSO DEL 2015
La legge n. 68 del 2015 del giorno 22 maggio 2015 ha novellato il diritto penale ambientale apportando significative modifiche sia al codice penale sia al decreto legislativo 152/2006 (Testo Unico sull’ambiente : TUA), che ricomprendeva i reati già elencati sopra.
Quanto alle modifiche inserite nel codice penale, quella più significativa, è l’introduzione di un nuovo titolo dedicato ai Delitti contro l’ambiente, collocato al numero VI bis, cioè immediatamente dopo il titolo dei delitti contro l’incolumità pubblica.
Nel nuovo titolo del codice penale dedicato ai reati ambientali vengono introdotte cinque nuove fattispecie delittuose e precisamente:
- Inquinamento ambientale disciplinato dall’art. 452 bis;
- Disastro ambientale disciplinato dall’art. 452 quater;
- Traffico ed abbandono di materiale ad alta radioattività disciplinato dall’art. 452 sexies;
- Impedimento del controllo disciplinato dall’art. 452 septies;
- Omessa bonifica disciplinato dall’art. 452 terdecies.
- L’art. 452 bis Codice penale rubricato Inquinamento ambientale punisce con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 ad euro 100.000 “chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili:
- Delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo;
- Di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna;
Il secondo comma dell’art. 452 bis del codice penale prevede, poi, una circostanza aggravante comune “quando l’inquinamento è prodotta in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette”.
- L’art. 452 quater Codice penale rubricato Disastro ambientale punisce con la reclusione da cinque a quindici anni chiunque “fuori dai casi previsti dall’articolo 434, abusivamente cagiona un disastro ambientale. Costituiscono disastro ambientale alternativamente:
- L’alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema;
- L’alterazione dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali;
- L’offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per l’estensione e della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo”.
I primi due eventi (l’alterazione. irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema e l’alterazione dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali) hanno ad oggetto ipotesi particolarmente gravi di danneggiamento dell’ambiente, rappresentando una sorta di progressione criminosa rispetto alle forme di danneggiamento dell’ambiente descritte dalle norme sull’inquinamento.
Il terzo evento tipico (l’offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per l’estensione e della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo) non contiene, invece, alcun riferimento agli effetti pregiudizievoli per l’ambiente cagionati dalla condotta dell’agente, oggetto di sanzione, risultando piuttosto “l’offesa alla pubblica incolumità”, che presenti i connotati di particolare gravità descritti dalla norma e relativi alla “estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi o al numero delle persone offese o esposte al pericolo”.
- L’art. 452 sexies Codice penale rubricato traffico ed abbandono di materiale ad alta radioattività punisce, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque abusivamente cede, acquista, riceve, trasporta, importa, esporta, procura ad altri, detiene, trasferisce, abbandona o si disfa illegittimamente di materiale ad alta radioattività.
- L’art. 452 septies Codice penale rubricato impedimento del controllo punisce, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, negando l’accesso, predisponendo ostacoli o mutando artificiosamente lo stato dei luoghi impedisce, intralcia o elude l’attività di vigilanza e controllo ambientali e di sicurezza e igiene sul lavoro, ovvero ne compromette gli esiti.
- dall’art. 452 terdecies Codice penale rubricato omessa bonifica punisce, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque essendovi obbligato per legge, per ordine del giudice ovvero di un’autorità pubblica, non provvede alla bonifica, al ripristino, o al recupero dello stato dei luoghi.
REATI INTRODOTTI DA NORMATIVE NEL CORSO DEL 2017
- Il d. lgs. 17 ottobre 2017, n. 161, in vigore dal 19/11/2017 ha introdotto nel novero dei reati presupposto all’art 25 duodecies, il seguente reato rubricato Disposizioni contro le immigrazioni clandestine, che punisce, salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, in violazione delle disposizioni del testo unico, promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona nel caso in cui: a) il fatto riguarda l’ingresso o la permanenza illegale nel territorio dello Stato di cinque o più persone; b) la persona trasportata è stata esposta a pericolo per la sua vita o per la sua incolumità per procurarne l’ingresso o la permanenza illegale; c) la persona trasportata è stata sottoposta a trattamento inumano o degradante per procurarne l’ingresso o la permanenza illegale; d) il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti; e) gli autori del fatto hanno la disponibilità di armi o materie esplodenti.
- l’art. 5, comma 2 della c.d. Legge Europea 20/11/2017 numero 167, pubblicata in G.U. in data 27/11/2017 ha introdotto nel D. Lgs. 231/2001, all’art. 25 terdecies, il reato rubricato “Razzismo e Xenofobia”, che punisce salvo che il fatto costituisca più grave reato,
- con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a € 6.000,00 chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi;
- con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi;
È vietata ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Chi partecipa a tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi, o presta assistenza alla loro attività, è punito, per il solo fatto della partecipazione o dell’assistenza, con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Coloro che promuovono o dirigono tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da uno a sei anni.
Si applica la pena della reclusione da due a sei anni se la propaganda ovvero l’istigazione e l’incitamento, commessi in modo che derivi concreto pericolo di diffusione, si fondano in tutto o in parte sulla negazione, sulla minimizzazione in modo grave o sull’apologia della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale, ratificato ai sensi della legge 12 luglio 1999, n. 232″.
- La legge 30 novembre 2017 n. 179 ha esteso anche al settore privato la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito del proprio rapporto di lavoro. Per quanto riguarda il settore privato, la norma (art. 2) si rivolge alle ditte che hanno adottato o che hanno intenzione di adottare i modelli organizzativi (modelli introdotti dal d.lgs. 231/2001 e che hanno lo scopo di evitare la commissione di reati “aziendali”), ed è rubricato Tutela del dipendente o collaboratore che segnala illeciti nel settore privato e prevede che all’articolo 6 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, dopo il comma 2 sono inseriti i seguenti commi:
«2-bis. I modelli di cui alla lettera a) del comma 1 prevedono:
- uno o più canali che consentano ai soggetti indicati nell’articolo 5, comma 1, lettere a) e b), di presentare, a tutela dell’integrità dell’ente, segnalazioni circostanziate di condotte illecite, rilevanti ai sensi del presente decreto e fondate su elementi di fatto precisi e concordanti, o di violazioni del modello di organizzazione e gestione dell’ente, di cui siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte; tali canali garantiscono la riservatezza dell’identità del segnalante nelle attività di gestione della segnalazione;
- almeno un canale alternativo di segnalazione idoneo a garantire, con modalità informatiche, la riservatezza dell’identità del segnalante;
- il divieto di atti di ritorsione o discriminatori, diretti o indiretti, nei confronti del segnalante per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla segnalazione;
- nel sistema disciplinare adottato ai sensi del comma 2, lettera e), sanzioni nei confronti di chi viola le misure di tutela del segnalante, nonché di chi effettua con dolo o colpa grave segnalazioni che si rivelano infondate.
2-ter. L’adozione di misure discriminatorie nei confronti dei soggetti che effettuano le segnalazioni di cui al comma 2-bis può essere denunciata all’Ispettorato nazionale del lavoro, per i provvedimenti di propria competenza, oltre che dal segnalante, anche dall’organizzazione sindacale indicata dal medesimo.
2-quater. Il licenziamento ritorsivo o discriminatorio del soggetto segnalante è nullo. Sono altresì nulli il mutamento di mansioni ai sensi dell’articolo 2103 del codice civile, nonchè qualsiasi altra misura ritorsiva o discriminatoria adottata nei confronti del segnalante. E’ onere del datore di lavoro, in caso di controversie legate all’irrogazione di sanzioni disciplinari, o a demansionamenti, licenziamenti, trasferimenti, o sottoposizione del segnalante ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro, successivi alla presentazione della segnalazione, dimostrare che tali misure sono fondate su ragioni estranee alla segnalazione stessa.”.
Pertanto una incisiva politica di Whistleblowing costituisce presupposto di un valido ed efficace modello organizzativo ex D. Lgs. 231/2001.
REATI INTRODOTTI DA NORMATIVE NEL CORSO DEL 2019
La Legge 3 Maggio 2019, n.39, pubblicata in data 16/05/2019 ha introdotto tra i reati presupposto l’art. 25 quaterdecies (Frode in competizioni sportive, esercizio abusivo di gioco o di scommessa e giochi d’azzardo esercitati a mezzo di apparecchi vietati) e precisamente:
“1. Chiunque offre o promette denaro o altra utilità o vantaggio a taluno dei partecipanti ad una competizione sportiva organizzata dalle federazioni riconosciute dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), dall’Unione italiana per l’incremento delle razze equine (UNIRE) o da altri enti sportivi riconosciuti dallo Stato e dalle associazioni ad essi aderenti, al fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione, ovvero compie altri atti fraudolenti volti al medesimo scopo, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 1.000 a euro 4.000.
2. Le stesse pene si applicano al partecipante alla competizione che accetta il denaro o altra utilità o vantaggio, o ne accoglie la promessa.
3. Se il risultato della competizione è influente ai fini dello svolgimento di concorsi pronostici e scommesse regolarmente esercitati, per i fatti di cui ai commi 1 e 2, la pena della reclusione è aumentata fino alla metà e si applica la multa da euro 10.000 a euro 100.000”.
(Art. 4. Esercizio abusivo di attività di giuoco o di scommessa.)
- Chiunque esercita abusivamente l’organizzazione del giuoco del lotto o di scommesse o di concorsi pronostici che la legge riserva allo Stato o ad altro ente concessionario, è punito con la reclusione da tre a sei anni e con la multa da 20.000 a 50.000 euro. Alla stessa pena soggiace chi comunque organizza scommesse o concorsi pronostici su attività sportive gestite dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), dalle organizzazioni da esso dipendenti o dall’Unione italiana per l’incremento delle razze equine (UNIRE). Chiunque abusivamente esercita l’organizzazione di pubbliche scommesse su altre competizioni di persone o animali e giuochi di abilità è punito con l’arresto da tre mesi ad un anno e con l’ammenda non inferiore a lire un milione. Le stesse sanzioni si applicano a chiunque venda sul territorio nazionale, senza autorizzazione dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, biglietti di lotterie o di analoghe manifestazioni di sorte di Stati esteri, nonchè a chiunque partecipi a tali operazioni mediante la raccolta di prenotazione di giocate e l’accreditamento delle relative vincite e la promozione e la pubblicità effettuate con qualunque mezzo di diffusione. È punito altresì con la reclusione da tre a sei anni e con la multa da 20.000 a 50.000 euro chiunque organizza, esercita e raccoglie a distanza, senza la prescritta concessione, qualsiasi gioco istituito o disciplinato dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli.
Chiunque, ancorché titolare della prescritta concessione, organizza, esercita e raccoglie a distanza qualsiasi gioco isituito o disciplinato dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli con modalità e tecniche diverse da quelle previste dalla legge è punito con l’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da euro 500 a euro 5.000. - Quando si tratta di concorsi, giuochi o scommesse gestiti con le modalità di cui al comma 1, e fuori dei casi di concorso in uno dei reati previsti dal medesimo, chiunque in qualsiasi modo dà pubblicità al loro esercizio è punito con l’arresto fino a tre mesi e con l’ammenda da lire centomila a lire un milione. La stessa sanzione si applica a chiunque, in qualsiasi modo, dà pubblicità in Italia a giochi, scommesse e lotterie, da chiunque accettate all’estero.
- Chiunque partecipa a concorsi, giuochi, scommesse gestiti con le modalità di cui al comma 1, fuori dei casi di concorso in uno dei reati previsti dal medesimo, è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda da lire centomila a lire un milione.
- Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano anche ai giuochi d’azzardo esercitati a mezzo degli apparecchi vietati dall’art. 110 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, come modificato dalla legge 20 maggio 1965, n. 507, e come da ultimo modificato dall’art. 1 della legge 17 dicembre 1986, n. 904.
4 bis. Le sanzioni di cui al presente articolo sono applicate a chiunque, privo di concessione, autorizzazione o licenza ai sensi dell’articolo 88 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, svolga in Italia qualsiasi attività organizzata al fine di accettare o raccogliere o comunque favorire l’accettazione o in qualsiasi modo la raccolta, anche per via telefonica o telematica, di scommesse di qualsiasi genere da chiunque accettate in Italia o all’estero.
4 ter. Fermi restando i poteri attribuiti al Ministero delle finanze dall’articolo 11 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, ed in applicazione dell’articolo 3, comma 228 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, le sanzioni di cui al presente articolo si applicano a chiunque effettui la raccolta o la prenotazione di giocate del lotto, di concorsi pronostici o di scommesse per via telefonica o telematica, ove sprovvisto di apposita autorizzazione del Ministero dell’economia e delle finanze – Agenzia delle dogane e dei monopoli all’uso di tali mezzi per la predetta raccolta o prenotazione.
4-quater. L’Agenzia delle dogane e dei monopoli è tenuta alla realizzazione, in collaborazione con la Guardia di finanza e le altre forze di polizia, di un piano straordinario di controllo e contrasto all’attività illegale di cui ai precedenti commi con l’obiettivo di determinare l’emersione della raccolta di gioco illegale.
La legge anti – corruzione (Legge n. 3 del 9 gennaio 2019) ha invece modificato, come meglio sopra, alcuni reati presupposto, quali il reato di “Corruzione tra privati” ed il reato di “traffico di influenze illecite”. La stessa legge ha altresì introdotto il regime di procedibilità d’ufficio per i reati di corruzione tra privati (art. 2635 c.c.)
e di istigazione alla corruzione tra privati (art. 2635 bis c.c.).
1.3 Reati transnazionali
Oltre ai reati sin qui considerati, richiamati da disposizioni contenute all’interno del Decreto, la Legge 16 marzo 2006 n. 146 ha ratificato e dato esecuzione alla Convenzione ed ai Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale, adottati dall’Assemblea Generale il 15 novembre 2000 ed il 31 maggio 2001 (di seguito “Convenzione”), così introducendo nuove fattispecie che possono generare responsabilità dell’Ente.
La Convenzione si prefigge lo scopo di promuovere la cooperazione per prevenire e combattere il crimine organizzato transnazionale in maniera più efficace. A tal fine, richiedeva che ogni Stato parte della Convenzione adottasse le misure necessarie, conformemente ai suoi principi giuridici, per determinare la responsabilità degli Enti e delle Società per i fatti di reato indicati dalla Convenzione stessa.
All’art. 10 della Legge sopra menzionata, lo Stato italiano ha previsto l’estensione della disciplina del D.Lgs. n. 231/2001 in riferimento ad alcuni reati, ove ricorrano le condizioni di cui all’art. 3, ossia ove il reato possa considerarsi transnazionale.
Ai sensi dell’art. 3 della Legge n. 146/2006, si considera reato transnazionale “il reato punito con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, qualora sia coinvolto un gruppo criminale organizzato, nonché:
- sia commesso in più di uno Stato;
- ovvero sia commesso in uno Stato, ma una parte sostanziale della sua preparazione, pianificazione, direzione o controllo avvenga in un altro Stato;
- ovvero sia commesso in uno Stato, ma in esso sia implicato un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato;
- ovvero sia commesso in uno Stato ma abbia effetti sostanziali in un “altro Stato.”
Per “gruppo criminale organizzato”, ai sensi della Convenzione, si intende “un gruppo strutturato, esistente per un periodo di tempo, composto da tre o più persone che agiscono di concerto al fine di commettere uno o più reati gravi o reati stabiliti dalla Convenzione, al fine di ottenere, direttamente o indirettamente, un vantaggio finanziario o un altro vantaggio materiale”.
Con riferimento ai reati presupposto della responsabilità amministrativa da reato dell’ente, l’art. 10 della Legge n. 146/2006 annovera le fattispecie di seguito indicate:
Reati di associazione:
- associazione per delinquere (art. 416 c.p.); associazione di tipo mafioso (art. 416 bis c.p.);
- associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri (art. 291 quater del Testo Unico di cui al DPR n. 43 del 1973);
- associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 74 del Testo Unico di cui al DPR n. 309 del 1990);
Reati concernenti il riciclaggio:
- riciclaggio (art. 648 bis c.p.) impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 648 ter c.p.);
Reati concernenti il traffico di migranti:
- disposizioni contro le migrazioni clandestine (art. 12 commi 3, 3 bis, 3 ter e 5 del Testo Unico di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998);
Reati di intralcio alla giustizia:
- induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’Autorità Giudiziaria (art. 377 bis c.p.);
- favoreggiamento personale (art. 378 c.p.).
Alla commissione dei Reati sopra elencati, qualora gli stessi abbiano carattere transnazionale ai sensi dell’art. 3 della Legge n. 146/2006, e qualora ricorrano i presupposti previsti dal D.Lgs. n. 231/2001, è prevista in conseguenza l’applicazione all’Ente di sanzioni sia pecuniarie sia interdittive (ad eccezione dei reati di intralcio alla giustizia per i quali è prevista la sola sanzione pecuniaria).
REATI INTRODOTTI DA NORMATIVE NEL CORSO DEL 2020
Mediante il decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124 (c.d. Decreto Fiscale), ha deciso di introdurre nel novero dei reati presupposto, al nuovo articolo 25 quinquiesdecies, i c.d. reati tributari. Intervento che risulta completato dal D.Lgs. 75/2020 (in vigore dal 30 luglio 2020), il quale non solo inserisce fattispecie di diritto penale tributario, ma amplia anche il novero dei reati in danno alla PA e prevede la responsabilità degli enti per i reati di contrabbando.
L’inserimento dei reati tributari nel novero dei reati presupposto per la responsabilità degli enti ex D.Lgs. 231/2001 è una diretta conseguenza della c.d. Direttiva PIF (UE 2017/1371), con cui l’Unione europea ha demandato ai legislatori nazionali l’adozione di misure adeguate a contrastare, anche con gli strumenti del diritto penale, le cosiddette gravi frodi IVA, con ciò dovendo intendersi quelle condotte caratterizzate da fraudolenza e transnazionalità, che recano un danno agli interessi finanziari dell’Unione Europea non inferiore a 10 milioni
Nelle more dell’attuazione della Direttiva PIF, il legislatore ha approvato Decreto Fiscale (D.L. 124/2019, come convertito con L. 157/2019), con cui ha introdotto un ampio numero di reati tributari nel catalogo dei reati presupposto con un nuovo art. 25-quinquiesdecies, comma 1, D.Lgs. 231/2001, ben oltrepassando i limiti tracciati dalla Direttiva PIF.
Il Decreto Fiscale ha infatti introdotto la responsabilità amministrativa degli enti per i delitti di:
- dichiarazione fraudolenta di cui all’art. 2 , comma 1 (sanzione pecuniaria fino a 500 quote), all’art. 2, comma 2-bis (sanzione pecuniaria fino a 400 quote) e all’art. 3 (sanzione pecuniaria fino a 500 quote) del D.Lgs. 74/2000.
Quanto al momento di consumazione del reato i delitti di dichiarazione fraudolenta previsti dagli articoli 2 e 3, D. Lgs. 74/2000, si consumano nel momento della presentazione della dichiarazione fiscale nella quale sono effettivamente inseriti o esposti elementi contabili fittizi, essendo penalmente irrilevanti tutti i comportamenti prodromici tenuti dall’agente, ivi comprese le condotte di acquisizione e registrazione nelle scritture contabili di fatture o documenti contabili falsi o artificiosi ovvero di false rappresentazioni con l’uso di mezzi fraudolenti idonei ad ostacolarne l’accertamento (Cass. Pen. Sez. III, n. 43416/2019).
Il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti è un reato istantaneo, che si perfeziona nel momento in cui la dichiarazione è presentata agli uffici finanziari e prescinde dal verificarsi dell’evento di danno, per cui, ai fini dell’individuazione della data di consumazione dell’illecito, non rileva l’effettività dell’evasione, né, tanto meno, dispiega alcuna influenza l’accertamento della frode (in applicazione di questo principio è stata considerato altresì irrilevante ai fini dell’estinzione del reato il fatto che l’imputato, successivamente alla presentazione alla Agenzia delle entrate della dichiarazione fraudolenta, ne avesse presentata un’altra corretta, entro il termine di cui all’art. 2, comma 7, DPR 322/1988, che sostituiva la precedente dichiarazione) (Cassazione Penale Sez. III, numero 16459/2017).
Quanto all’elemento soggettivo il dolo specifico richiesto per integrare il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall’art. 2 DLGS 74/2000, secondo la giurisprudenza, è compatibile con il dolo eventuale, ravvisabile nell’accettazione del rischio che l’azione di presentazione della dichiarazione, comprensiva anche di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, possa comportare l’evasione delle imposte dirette o dell’IVA (Cassazione Penale, Sezione III, n. 52411/2018);
- emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti di cui all’art. 8, comma 1 (sanzione pecuniaria fino a 500 quote) e all’art. 8, comma 2-bis (sanzione pecuniaria fino a 400 quote), D.Lgs. 74/2000.
L’emissione di fatture per operazioni inesistenti è reato istantaneo, che si consuma nel momento in cui l’emittente perde la disponibilità della fattura, non essendo richiesto che il documento pervenga al destinatario, né che quest’ultimo lo utilizzi (Cassazione Penale Sez. III, n. 25816/2016).
La condotta punibile si configura quanto all’elemento oggettivo solo mediante la condotta attiva di chi, secondo la descrizione normativa, emette o rilascia fatture o altri documenti ideologicamente falsi al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui rediti o sul valore aggiunto, indipendentemente dall’effettivo uso che questi potranno farne, mero post-factum privo di rilievo penale nell’ambito del reato in esame. E poiché il significato dei termini “emissione” e “rilascio si ricava direttamente dal DPR 633/1973, il cui art. 21 dispone che “la fattura si ha per emessa all’atto della consegna o spedizione all’altra parte” dell’operazione commerciale, ne consegue che ai fini del perfezionamento del reato è sufficiente che il documento fuori esca dalla sfera individuale dell’emittente, ovverosia dalla sua disponibilità. Come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità e come già precisato, l’emissione di fatture per operazioni inesistenti è reato istantaneo che si consuma nel momento in cui l’emittente perde la disponibilità della fattura, non essendo richiesto che il documento pervenga al destinatario, né che quest’ultimo lo utilizzi (Cassazione Penale, Sez. III, n. 37091/2018). - occultamento o distruzione di documenti contabili di cui all’art. 10 D.Lgs. 74/2000 (sanzione pecuniaria fino a 400 quote).
In tema di reati tributari, il delitto di occultamento della documentazione contabile ha natura di reato permanente, in quanto la condotta penalmente rilevante si protrae sino al momento dell’accertamento fiscale, che coincide con il dies a quo da cui decorre il termine di prescrizione. ( Cassazione Penale, Sezione III, n. 5974/2013).
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, la condotta del reato previsto dall’art. 10 del D. Lgs. 74/2000, può consistere sia nella distruzione che nell’occultamento delle scritture contabili o dei documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari, con conseguenze diverse rispetto al momento consumativo, giacché la distruzione realizza un’ipotesi di reato istantaneo, che si consuma con la soppressione della documentazione, mentre l’occultamento – consistente nella temporanea o definitiva
indisponibilità della documentazione da parte degli organi verificatori – costituisce un reato permanente, che si protrae sino al momento dell’accertamento fiscale, dal quale soltanto inizia a decorre il termine di prescrizione (Cassazione Penale, Sez. V, n. 46169/2019).
La condotta del reato previsto dall’art. 10 del D. Lgs. 74/2000, può consistere sia nella distruzione che nell’occultamento delle scritture contabili o dei documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari, con conseguenze diverse rispetto al momento consumativo, giacché la distruzione
realizza un’ipotesi di reato istantaneo, che si consuma con la soppressione della documentazione, mentre l’occultamento – consistente nella temporanea o definitiva indisponibilità della documentazione da parte degli organi verificatori – costituisce un reato permanente, che si protrae sino al momento dell’accertamento fiscale, dal quale soltanto inizia a decorre il termine di prescrizione (Cassazione Penale, Sez. VII, n. 56573/2018);
- sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte di cui all’art. 11 D.Lgs. 74/2000 (sanzione pecuniaria fino a 400 quote).
La fattispecie prevista dall’art. 11 del D. Lgs. 74/2000 costituisce reato di pericolo, integrato dal compimento di atti simulati o fraudolenti volti a occultare i propri o altrui beni, idonei – secondo un giudizio “ex ente” che valuti la sufficienza della consistenza patrimoniale del contribuente rispetto alla pretesa dell’Erario – a pregiudicare l’attività recuperatoria dell’amministrazione finanziaria, a prescindere dalla sussistenza di un’esecuzione esattoriale in atto (tra le molte, Cassazione Penale Sez. III, n. 46975/2018).
Ai fini dell’integrazione del reato in esame – che sanziona la condotta di chiunque alieni simulatamente o compia atti fraudolenti su beni al fine di sottrarsi al versamento delle imposte o di sanzioni ed interessi pertinenti a dette imposte – non è necessario che sussista una procedura di riscossione in atto.
L’art. 11 del D. Lgs. 74/2000 è una disposizione che mira ad evitare che il contribuente si sottragga al suo dovere di concorrere alle spese pubbliche, creando una situazione di apparenza tale da consentirgli di rimanere nel possesso dei propri beni fraudolentemente sottratti alle ragioni dell’Erario.
La fattispecie criminosa va qualificata come reato di pericolo concreto, integrato dall’uso di atti simulati o fraudolenti per occultare i propri o altrui beni, idonei a pregiudicare, secondo un giudizio ex ante, l’attività recuperatoria della Amministrazione finanziaria. Oggetto giuridico del reato, pertanto, non è il diritto di credito dell’Erario, bensì la garanzia rappresentata dai beni dell’obbligato, potendosi, pertanto, configurare il reato anche nel caso in cui, dopo il compimento degli atti fraudolenti, si verifichi comunque il pagamento dell’imposta e delle relative sanzioni (Cassazione Penale, Sez. III, n. 35853/2016).
Con riguardo alla nozione di atto fraudolento contenuta nella disposizione dell’art. 11 del D. Lgs. 74/2000, laddove, con terminologia mutuata dall’ art. 388 Codice Penale, si sanziona la condotta di chi, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva, deve essere considerato atto fraudolento ogni comportamento che, formalmente lecito (analogamente, del resto, alla vendita di un bene), sia tuttavia caratterizzato da una componente di artifizio o di inganno, ovvero che è tale ogni atto che sia idoneo a rappresentare una realtà non corrispondente al vero (per la verità con una sovrapposizione rispetto alla simulazione) ovvero qualunque stratagemma artificioso tendente a sottrarre le garanzie patrimoniali alla riscossione (Sezioni Unite n. 12213/2018).
Il Decreto Fiscale (decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124) ha, inoltre, previsto:
- una circostanza aggravante all’art. 25-quinquiesdecies, co. 2, D.Lgs. 231/2001 (con aumento della sanzione pecuniaria fino a un terzo) per il caso in cui l’ente abbia conseguito un profitto di rilevante entità dall’illecito;
- l’applicazione delle sanzioni interdittive richiamate all’art. 25-quinquiesdecies, co. 3, D.Lgs. 231/2001 (che richiama l’art. 9, co. 2, lett. c), d), ed e)), ossia: il divieto di contrattare con la PA (salvo che per ottenere prestazioni di un pubblico servizio); l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi; il divieto di pubblicizzare beni o servizi.
Le novelle approntate dal legislatore con il D.Lgs. 75/2020 in materia di responsabilità degli enti da reato tributario si vengono ad inserire proprio all’interno dell’art. 25-quinquiesdecies D.Lgs. 231/2001, con l’introduzione di un nuovo comma 1-bis, che prevede quali ulteriori reati presupposto le fattispecie di:
- dichiarazione infedele ex art. 4 D.Lgs. 74/2000 (sanzione pecuniaria fino a 300 quote);
- omessa dichiarazione ex art. 5 D.Lgs. 74/2000 (sanzione pecuniaria fino a 400 quote);
- Indebita compensazione ex art. 10-quater D.Lgs. 74/2000 (sanzione pecuniaria fino a 400 quote).
Tali ultime fattispecie di reato potranno condurre ad una responsabilità dell’ente solamente nel caso in cui gli illeciti siano commessi “nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri e al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto per un importo complessivo non inferiore a dieci milioni di euro”, in ottemperanza a quanto previsto dalla Direttiva PIF.
Secondo espressa previsione normativa, inoltre, anche ai nuovi reati tributari introdotti dal D.Lgs. 75/2020 potranno essere applicate la circostanza aggravante di cui al comma 2 e le sanzioni interdittive richiamate al comma 3 dell’art. 25- quinquiesdecies (vd. sopra).
Le novità introdotte dal D.Lgs. 75/2020 in materia di responsabilità degli enti non si esauriscono, però, ai reati tributari.
Viene infatti, altresì, modificato l’art. 24 D.Lgs. 231/2001, così ampliando il catalogo dei reati in danno alla Pubblica Amministrazione (nella cui ampia nozione deve ora ricomprendersi, secondo la novella che ha interessato l’art. 24, anche l’Unione europea):
- Al comma primo viene aggiunto il delitto di frode nelle pubbliche forniture ex art. 356 c.p., cui consegue una sanzione pecuniaria fino a 500 quote;
- È stato, inoltre, aggiunto un comma 2-bis, che prevede l’applicazione della sanzione pecuniaria fino a 500 quote in caso di frode ai danni del Fondo europeo agricolo di garanzia e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (art. 2 L. 898/1986).
Anche per le nuove fattispecie ora richiamate dall’art. 24 è prevista l’applicazione della circostanza aggravante prevista dal comma II (per il caso in cui l’ente abbia conseguito un profitto di rilevante entità ovvero dall’illecito sia derivato un danno di particolare gravità: in questo caso la sanzione pecuniaria sarà da 200 a 600 quote) e delle sanzioni interdittive previste dal comma III, che richiama l’art. 9, co. 2, lett. c), d), ed e), ossia: il divieto di contrattare con la PA (salvo che per ottenere prestazioni di un pubblico servizio); l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e
l’eventuale revoca di quelli già concessi; il divieto di pubblicizzare beni o servizi.
Sempre all’area dei reati che recano danno alla PA devono essere ricondotte le fattispecie che il D.Lgs. 75/2020 ha affiancato a quelle già previste all’art. 25, co. 1, D.Lgs. 231/2001:
- I reati di peculato di cui all’art. 314 c.p., primo comma (rimanendo dunque escluso il peculato d’uso) e all’art. 316 (ossia la particolare forma di peculato mediante profitto dell’errore altrui);
- Il reato di abuso d’ufficio di cui all’art. 323 c.p.
Alle predette fattispecie è collegata una sanzione pecuniaria per l’ente fino a 200 quote, “quando il fatto offende gli interessi finanziari dell’Unione Europea”.
Infine, il D.Lgs. 75/2020 introduce nel D.Lgs. 231/2001 un nuovo art. 25-sexiesdecies rubricato “Contrabbando”, che inaugura la responsabilità degli enti per i reati previsti dal D.P.R. 43/1973 in materia doganale, che prevede (in particolare, si veda l’art. 295, norma peraltro interessata da alcune modifiche apportate proprio dal D.Lgs. 75/2020) sanzioni anche penali in caso di mancato pagamento dei diritti di confine. Il nuovo art. 25-sexiesdecies prevede per questi casi:
- La sanzione pecuniaria fino a 200 quote;
- Un’aggravante per il caso in cui l’ammontare dei diritti di confine dovuti superi euro 100.000 (sanzione pecuniaria fino a 400 quote);
L’applicazione delle sanzioni interdittive di cui all’art. 9, co. 2, lett. c), d), ed e), ossia: il divieto di contrattare con la PA (salvo che per ottenere prestazioni di un pubblico servizio); l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi; il divieto di pubblicizzare beni o servizi.
REATI INTRODOTTI DA NORMATIVE NEL CORSO DEL 2021
Attraverso l’articolo 3, il Decreto Legislativo 8 novembre 2021, n. 184 (in SO n.40, relativo alla G.U. 29/11/2021, n.284), Testo in vigore dal: 14-12-202 – sono state apportate Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 – dopo l’articolo 25-octies è inserito il seguente «Art. 25-octies.1 Delitti in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti.
In relazione alla commissione dei delitti previsti dal codice penale in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti, si applicano all’ente le seguenti sanzioni pecuniarie
- per il delitto di cui all’articolo 493-ter, la sanzione pecuniaria da 300 a 800 quote;
- per il delitto di cui all’articolo 493-quater e per il delitto di cui all’articolo 640-ter, nell’ipotesi aggravata dalla realizzazione di un trasferimento di denaro, di valore monetario o di valuta virtuale, la sanzione pecuniaria sino a 500 quote.
Salvo che il fatto integri altro illecito amministrativo sanzionato più gravemente, in relazione alla commissione di ogni altro delitto contro la fede pubblica, contro il patrimonio o che comunque offende il patrimonio previsto dal codice penale, quando ha ad oggetto strumenti di pagamento diversi dai contanti, si applicano all’ente le seguenti sanzioni pecuniarie:
- se il delitto è punito con la pena della reclusione inferiore ai dieci anni, la sanzione pecuniaria sino a 500 quote;
- se il delitto è punito con la pena non inferiore ai dieci anni di reclusione, la sanzione pecuniaria da 300 a 800 quote.
Nei casi di condanna per uno dei delitti di cui ai commi 1 e 2 si applicano all’ente le sanzioni interdittive previste dall’articolo 9, comma 2.».
Nell’anno 2021 in esame sono stati dunque introdotti quali reato presupposto della 231/2001, quelli contemplati negli articoli seguenti del Codice Penale:
Art. 493-ter. Codice Penale – Indebito utilizzo e falsificazione di strumenti di pagamento diversi dai contanti.
Chiunque al fine di trarne profitto per sè o per altri, indebitamente utilizza, non essendone titolare, carte di credito o di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi, (o comunque ogni altro strumento di pagamento diverso dai contanti) è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 310 euro a 1.550 euro.
Alla stessa pena soggiace chi, al fine di trarne profitto per sé o per altri, falsifica o altera ((gli strumenti o i documenti di cui al primo periodo)), ovvero possiede, cede o acquisisce (tali strumenti) o documenti di provenienza illecita o comunque falsificati o alterati, nonché ordini di pagamento prodotti con essi.
In caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura. penale per il delitto di cui al primo comma è ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, nonché del profitto o del prodotto, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile, la confisca di beni, somme di denaro e altre utilità di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto o prodotto.
Gli strumenti sequestrati ai fini della confisca di cui al secondo comma, nel corso delle operazioni di polizia giudiziaria, sono affidati dall’autorità giudiziaria agli organi di polizia che ne facciano richiesta.
Art. 493-quater. Codice Penale Detenzione e diffusione di apparecchiature, dispositivi o programmi informatici diretti a commettere reati riguardanti strumenti di pagamento diversi dai contanti.
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di farne uso o di consentirne ad altri l’uso nella commissione di reati riguardanti strumenti di pagamento diversi dai contanti, produce, importa, esporta, vende, trasporta, distribuisce, mette a disposizione o in qualsiasi modo procura a sé o a altri apparecchiature, dispositivi o programmi informatici che, per caratteristiche tecnico-costruttive o di progettazione, sono costruiti principalmente per commettere tali reati, o sono specificamente adattati al medesimo scopo, è punito con la reclusione sino a due anni e la multa sino a 1000 euro.
In caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale per il delitto di cui al primo comma è sempre ordinata la confisca delle apparecchiature, dei dispositivi o dei programmi informatici predetti, nonché la confisca del profitto o del prodotto del reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, somme di denaro e altre utilità di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto o prodotto.
Art. 640-ter. (Frode informatica). Chiunque, alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o telematico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire centomila a due milioni.
La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da lire seicentomila a tre milioni se ricorre una delle circostanze previste dal numero 1) del secondo comma dell’articolo 640, ovvero se il fatto produce un trasferimento di denaro, di valore monetario o di valuta virtuale o è commesso con abuso della qualità di operatore del sistema. La pena è della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 600 a euro 3.000 se il fatto è commesso con furto o indebito utilizzo dell’identità digitale in danno di uno o più soggetti. Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze di cui al secondo e terzo comma o la circostanza prevista dall’articolo 61, primo comma, numero 5, limitatamente all’aver approfittato di circostanze di persona, anche in riferimento all’età.
REATI INTRODOTTI DA NORMATIVE NEL CORSO DEL 2022
Nel corso del 2022, attraverso la Legge 9 marzo 2022, n. 22 (in G.U. 22/03/2022, n.68) all’articolo 3 – in vigore dal 23- 3-2022 il legislatore ha disposto che:
Dopo l’articolo 25-sexiesdecies del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sono inseriti i seguenti:
Art. 25-septiesdecies Delitti contro il patrimonio culturale.
In relazione alla commissione del delitto previsto dall’articolo 518-novies del codice penale, si applica all’ente la sanzione pecuniaria da cento a quattrocento quote. In relazione alla commissione dei delitti previsti dagli articoli 518- ter, 518-decies e 518-undecies del codice penale, si applica all’ente la sanzione pecuniaria da duecento a cinquecento quote.
In relazione alla commissione dei delitti previsti dagli articoli 518-duodecies e 518-quaterdecies del codice penale, si applica all’ente la sanzione pecuniaria da trecento a settecento quote. In relazione alla commissione dei delitti previsti dagli articoli 518-bis, 518-quater e 518-octies del codice penale, si applica all’ente la sanzione pecuniaria da quattrocento a novecento quote. Nel caso di condanna per i delitti di cui ai commi da 1 a 4, si applicano all’ente le sanzioni interdittive previste dall’articolo 9, comma 2, per una durata non superiore a due anni.
Art. 25 – duodevicies Riciclaggio di beni culturali e devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici.
In relazione alla commissione dei delitti previsti dagli articoli 518-sexies e 518-terdecies del codice penale, si applica all’ente la sanzione pecuniaria da cinquecento a mille quote.
Se l’ente o una sua unità organizzativa viene stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei delitti indicati al comma 1, si applica la sanzione dell’interdizione definitiva dall’esercizio dell’attività ai sensi dell’articolo 16, comma 3».
Art. 518-novies Violazioni in materia di alienazione di beni culturali.
E’ punito con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa
da euro 2.000 a euro 80.000:
- chiunque, senza la prescritta autorizzazione, aliena o immette sul mercato beni culturali;
- chiunque, essendovi tenuto, non presenta, nel termine di trenta giorni, la denuncia degli atti di trasferimento della proprietà o della detenzione di beni culturali;
- l’alienante di un bene culturale soggetto a prelazione che effettua la consegna della cosa in pendenza del termine di sessanta giorni dalla data di ricezione della denuncia di trasferimento.
Art. 518-ter -Appropriazione indebita di beni culturali.
Chiunque, per procurare a sè o ad altri un ingiusto profitto, si appropria di un bene culturale altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso è punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da euro 516 a euro 1.500.
Se il fatto è commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario, la pena è aumentata.
Art. 518-decies Importazione illecita di beni culturali
Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati previsti dagli articoli 518-quater, 518-quinquies, 518-sexies e 518-septies, importa beni culturali provenienti da delitto ovvero rinvenuti a seguito di ricerche svolte senza autorizzazione, ove prevista dall’ordinamento dello Stato in cui il rinvenimento ha avuto luogo, ovvero esportati da un altro Stato in violazione della legge in materia di protezione del patrimonio culturale di quello Stato, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 258 a euro 5.165.
Art. 518-undecies – Uscita o esportazione illecite di beni culturali.
Chiunque trasferisce all’estero beni culturali, cose di interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, bibliografico, documentale o archivistico o altre cose oggetto di specifiche disposizioni di tutela ai sensi della normativa sui beni culturali, senza attestato di libera circolazione o licenza di esportazione, è punito con la reclusione da due a otto anni e con la multa fino euro 80.000.
La pena prevista al primo comma si applica altresì nei confronti di chiunque non fa rientrare nel territorio nazionale, alla scadenza del termine, beni culturali, cose di interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, bibliografico, documentale o archivistico o altre cose oggetto di specifiche disposizioni di tutela ai sensi della normativa sui beni culturali, per i quali siano state autorizzate l’uscita o l’esportazione temporanee, nonché nei confronti di chiunque rende dichiarazioni mendaci al fine di comprovare al competente ufficio di esportazione, ai sensi di legge, la non assoggettabilità di cose di interesse culturale ad autorizzazione all’uscita dal territorio nazionale.))
Art. 518-duodecies – Distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici.
Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende in tutto o in parte inservibili o non fruibili beni culturali o paesaggistici propri o altrui è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da euro 2.500 a euro 15.000.
Chiunque, fuori dei casi di cui al primo comma, deturpa o imbratta beni culturali o paesaggistici propri o altrui, ovvero destina beni culturali a un uso incompatibile con il loro carattere storico o artistico ovvero pregiudizievole per la loro conservazione o integrità, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 1.500 a euro 10.000.
La sospensione condizionale della pena è subordinata al ripristino dello stato dei luoghi o all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato, comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna.
Art. 518 – quaterdecies – Contraffazione di opere d’arte.
E’ punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 3.000 a euro 10.000:
- chiunque, al fine di trarne profitto, contraffà, altera o riproduce un’opera di pittura, scultura o grafica ovvero un oggetto di antichità o di interesse storico o archeologico;
- chiunque, anche senza aver concorso nella contraffazione, alterazione o riproduzione, pone in commercio, detiene per farne commercio, introduce a questo fine nel territorio dello Stato o comunque pone in circolazione, come autentici, esemplari contraffatti, alterati o riprodotti di opere di pittura, scultura o grafica, di oggetti di antichità o di oggetti di interesse storico o archeologico;
- chiunque, conoscendone la falsità, autentica opere od oggetti indicati ai numeri 1) e 2) contraffatti, alterati o riprodotti;
- chiunque, mediante altre dichiarazioni, perizie, pubblicazioni, apposizione di timbri o etichette o con qualsiasi altro mezzo, accredita o contribuisce ad accreditare, conoscendone la falsità, come autentici opere od oggetti indicati ai numeri 1) e 2) contraffatti, alterati o riprodotti.
E’ sempre ordinata la confisca degli esemplari contraffatti, alterati o riprodotti delle opere o degli oggetti indicati nel primo comma, salvo che si tratti di cose appartenenti a persone estranee al reato. Delle cose confiscate è vietata, senza limiti di tempo, la vendita nelle aste dei corpi di reato.
Art. 518 – bis – Furto di beni culturali.
Chiunque si impossessa di un bene culturale mobile altrui, sottraendolo a chi lo detiene, al fine di trarne profitto, per sé o per altri, o si impossessa di beni culturali appartenenti allo Stato, in quanto rinvenuti nel sottosuolo o nei fondali marini, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 927 a euro1.500.
La pena è della reclusione da quattro a dieci anni e della multa da euro 927 a euro 2.000 se il reato è aggravato da una o più delle circostanze previste nel primo comma dell’articolo 625 o se il furto di beni culturali appartenenti allo Stato, in quanto rinvenuti nel sottosuolo o nei fondali marini, è commesso da chi abbia ottenuto la concessione di ricerca prevista dalla legge.
Art. 518 – quater – Ricettazione di beni culturali.
Fuori dei casi di concorso nel reato, chi, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta beni culturali provenienti da un qualsiasi delitto, o comunque si intromette nel farli acquistare, ricevere od occultare, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni e con la multa da euro 1.032 a euro 15.000.
La pena è aumentata quando il fatto riguarda beni culturali provenienti dai delitti di rapina aggravata ai sensi dell’articolo 628, terzo comma, e di estorsione aggravata ai sensi dell’articolo 629, secondo comma. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche quando l’autore del delitto da cui i beni culturali provengono non è imputabile o non è punibile ovvero quando manca una condizione di procedibilità riferita a tale delitto.
Art. 518 – octies – Falsificazione in scrittura privata relativa a beni culturali.
Chiunque forma, in tutto o in parte, una scrittura privata falsa o, in tutto o in parte, altera, distrugge, sopprime od occulta una scrittura privata vera, in relazione a beni culturali mobili, al fine di farne apparire lecita la provenienza, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.
Chiunque fa uso della scrittura privata di cui al primo comma, senza aver concorso nella sua formazione o alterazione, è punito con la reclusione da otto mesi a due anni e otto mesi.
Con il Decreto Legislativo10 ottobre 2022, n. 150 (in SO n.38, relativo alla G.U. 17/10/2022, n.243), con l’Art. 68 in vigore dal 30-12-2022, è stata apportata una modifica all’articolo 64, comma 1, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, per cui le parole «sei mesi» sono sostituite dalle seguenti: «un anno».
Nello stesso anno, con il Decreto Legislativo 4 ottobre 2022, n. 156 (in G.U. 22/10/2022, n.248), con l’Art. 5 in vigore dal 6-11-2022, è stata apportata la seguente modifica all’articolo 25-quinquiesdecies del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231: “All’articolo 25-quinquiesdecies, comma 1-bis, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, le parole da «se commessi nell’ambito» a «un importo complessivo non inferiore» sono sostituite dalle seguenti: «quando sono commessi al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri connessi al territorio di almeno un altro Stato membro dell’Unione europea, da cui consegua o possa conseguire un danno complessivo pari o superiore”
REATI INTRODOTTI DA NORMATIVE NEL CORSO DEL 2023
La prima modifica al DLvo 231/2001 intervenuta nel corso del 2023 è stata introdotta dal Decreto Legge 5 gennaio 2023, n. 2, convertito con La LEGGE 3 marzo 2023, n. 17 (in G.U. 06/03/2023, n.55), e segnatamente dall’Art. 5 in vigore dal 7-3-2023 .
“Al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, recante disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, sono apportate le seguenti modificazioni:
- all’articolo 15, comma 1, dopo la lettera b), è aggiunta, infine, la seguente:
«b-bis) l’attività è svolta in stabilimenti industriali o parti di essi dichiarati di interesse strategico nazionale ai sensi dell’articolo 1 del decreto-legge 3 dicembre 2012, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2012, n. 231.
In caso di imprese che dopo il verificarsi dei reati che danno luogo all’applicazione della sanzione sono state ammesse all’amministrazione straordinaria, anche in via temporanea ai sensi dell’articolo 1 del decreto-legge 5 dicembre 2022, n. 187, la prosecuzione dell’attività è affidata al commissario già nominato nell’ambito della procedura di amministrazione straordinaria.»; - all’articolo 17, dopo il comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente:
«1-bis. In ogni caso, le sanzioni interdittive non possono essere applicate quando pregiudicano la continuità dell’attività svolta in stabilimenti industriali o parti di essi dichiarati di interesse strategico nazionale ai sensi dell’articolo 1 del decreto-legge 3 dicembre 2012, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2012, n. 231, se l’ente ha eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato mediante l’adozione e l’attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi. Il modello organizzativo si considera sempre idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi quando nell’ambito della procedura di riconoscimento dell’interesse strategico nazionale sono stati adottati provvedimenti diretti a realizzare, anche attraverso l’adozione di modelli organizzativi, il necessario bilanciamento tra le esigenze di continuità dell’attività produttiva e di salvaguardia dell’occupazione e la tutela della sicurezza sul luogo di lavoro, della salute, dell’ambiente e degli altri eventuali beni giuridici lesi dagli illeciti commessi.»; - all’articolo 45, comma 3, è aggiunto, in fine, il seguente periodo:
«La nomina del commissario di cui al primo periodo è sempre disposta, in luogo della misura cautelare interdittiva, quando la misura possa pregiudicare la continuità dell’attività svolta in stabilimenti industriali o parti di essi dichiarati di interesse strategico nazionale ai sensi dell’articolo 1 del decreto-legge 3 dicembre 2012, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2012, n. 231.»; - all’articolo 53, dopo il comma 1-bis, è aggiunto, in fine, il seguente:
«1-ter. Quando il sequestro abbia ad oggetto stabilimenti industriali o parti di essi che siano stati dichiarati di interesse strategico nazionale ai sensi dell’articolo 1 del decreto-legge 3 dicembre 2012, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2012, n. 231, ovvero impianti o infrastrutture necessari ad assicurarne la continuità produttiva, si applica l’articolo 104-bis, commi 1-bis.1 e 1-bis.2, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo28 luglio 1989, n. 271.».
Ulteriori modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 sono state introdotte dall’art. 55 del Decreto Legislativo 2 marzo 2023, n. 19 (in G.U. 07/03/2023, n.56), testo in vigore dal: 22-3-2023:
“All’articolo 25-ter, comma 1, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sono apportate le seguenti modificazioni:
- all’alinea, dopo le parole «dal codice civile», sono inserite le seguenti: «o da altre leggi speciali»;
- alla lettera s-bis), il segno di interpunzione «.» è sostituito con il seguente: «;»;
- dopo la lettera s-bis) è inserita la seguente: «s-ter) per il delitto di false o omesse dichiarazioni per il rilascio del certificato preliminare previsto dalla normativa attuativa della direttiva (UE) 2019/2121, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, la sanzione pecuniaria da centocinquanta a trecento quote.».
Da ultimo il Decreto Legislativo 10 marzo 2023, n. 24 (in G.U. 15/03/2023, n.63)ha disposto (con l’art. 23, comma 1, lettera b) l’abrogazione dei commi 2-ter e 2-quater dell’art. 6.
ha disposto (con l’art. 24, commi 1 e 5) la modifica dell’art. 6, comma 2-bis
PROTOCOLLI SPECIALI IN CASO DI EPIDEMIE
Con il protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro del 14 marzo 2020 ed integrato il 24 aprile 2020 è stato posto in capo al datore di lavoro l’obbligo di adottare tutte le misure atte a tutelare i propri dipendenti e collaboratori anche dal c.d. “rischio biologico”.
Dalla violazione delle disposizioni introdotte (Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro del 14 marzo 2020 ed integrato il 24 aprile 2020) potrebbe, quindi, scaturire la responsabilità dell’impresa con riferimento a quegli aspetti di “colpa organizzativa” connessi alla violazione di norme sulla tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro ex D. Lgs. 81/2008 (art. 27- septies del D. Lgs. 231/2001).
Nell’attuale contesto di emergenza, potrebbero intensificarsi le occasioni di contatto con gli Enti pubblici più diversi (Ministero del Lavoro, Regioni, Prefetture, Forze di polizia, INPS, Ispettorato del Lavoro, ASL, ATS, etc.).
Si pensi, ad esempio, alla richiesta di ammortizzatori sociali o alla richiesta di finanziamenti concessi con la garanzia dello Stato ai sensi del DL Liquidità, in relazione alle quali potrebbe essere contestato all’impresa l’illecito amministrativo (art. 24 D. Lgs. 231/2001) derivante dalla commissione del reato di indebita percezione di erogazioni.
Così come sono ipotizzabili situazioni di rischio di fenomeni corruttivi in sede, ad esempio, di verifiche ispettive sulla corretta adozione ed attuazione delle misure previste dai possibili protocolli condivisi tra le parti sociali.
Tale rischio discende dalla recente introduzione nell’elenco dei reati presupposto (art. 25- quinquiesdecies D. Lgs. 231/2001) della dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.
Nel contesto odierno, le “false” fatture registrate a fini IRES o IVA potrebbero derivare dall’acquisto, in tutto o in parte non avvenuto, di Dispositivi di Protezione Individuale per i dipendenti che svolgono l’attività lavorativa presso i locali aziendali oppure di computer e altre attrezzature informatiche per i lavoratori in regime di smart working.
L’obbligo di adozione di determinati presidi di sicurezza, che oggi sono imprescindibili per garantire la prosecuzione dei lavori in sicurezza e la prevenzione del rischio di contagio, espone le aziende non preparate alla gestione e smaltimento dei rifiuti al relativo rischio di reato.
La necessità di consentire immediatamente e senza adeguata preparazione ai propri dipendenti di operare da remoto, potrebbe portare all’installazione sui dispositivi aziendali di software contraffatti e pertanto senza il relativo diritto di utilizzo, incorrendo così l’azienda nel reato di utilizzo illecito di software tutelati dal diritto d’autore di cui all’art. 25-novies del D. Lgs. 231/2001.
2. IL MODELLO ORGANIZZATIVO
2.1. I DESTINATARI
Il Modello è indirizzato a tutto il personale di SI.SE SPA che svolge le attività identificate come “Attività a rischio”.
In particolare, sono destinatari delle disposizioni in esso contenute:
i componenti gli Organi Sociali (il Consiglio di Amministrazione, il Collegio Sindacale); il personale dirigente che opera in nome e per conto della Società;
i lavoratori subordinati, opportunamente formati e informati dei contenuti del Modello, secondo le modalità di seguito indicate.
Il rispetto del Modello è garantito anche mediante la previsione di clausole contrattuali che obblighino collaboratori esterni, Consulenti, Partners commerciali nonché altre società con le quali si intrattengono rapporti, al rispetto dei principi contenuti nel Codice Etico nonché dei Protocolli specificamente inerenti all’attività svolta, pena – in difetto – la possibilità per SI.SE SPA di recedere dal contratto o di risolverlo.
2.2. LE SANZIONI
Le sanzioni irrogabili agli enti per illeciti amministrativi dipendenti da reato presupposto sono quattro e precisamente:
- Sanzioni pecuniarie;
- Sanzioni interdittive;
- Pubblicazione della sentenza;
- Confisca.
Partendo ad analizzare le sanzioni pecuniarie, le stesse sono applicabili per tutti gli illeciti amministrativi e sono determinate attraverso un sistema basato su quote in numero non inferiore a 100 e non superiore a 1000 e di importo variabile tra un minimo di 258 euro ed un massimo di 1549 euro. Per tale ragione si suole definire le sanzioni pecuniarie, quali sanzioni a struttura bifasica: una prima fase è costituita dalla determinazione del numero di quote; la seconda dall’importo monetario di ogni quota.
Il giudice determina il numero delle quote tenendo conto della gravità del fatto, del grado della responsabilità dell’ente, nonché dell’attività svolta per eliminare od attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti. L’importo della quota è fissato sulla base delle condizioni economiche e patrimoniali dell’ente, allo scopo di assicurare l’efficacia della sanzione.
Per quanto riguarda le sanzioni interdittive il Giudice la applica solo nel caso in cui la responsabilità dell’ente derivi da un reato presupposto per la quale essa è prevista espressamente e solo se ricorre almeno una delle seguenti condizioni:
- L’ente ha tratto un profitto di rilevante entità ed il reato è stato commesso da soggetti in posizione apicale, ovvero da soggetti sottoposti all’altrui vigilanza quando la commissione del reato è stata determinata o agevolata da gravi carenze organizzative;
- In caso di reiterazione degli illeciti.
Le sanzioni interdittive, anche se previste, non si applicano quando, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento del processo di primo grado, l’ente ha posto in essere tutte le seguenti condizioni:
- Ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose e pericolose del reato ovvero si è comunque efficacemente adoperato in tal senso;
- Ha eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato mediante l’adozione e l’attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;
- Ha messo a disposizione il profitto conseguito ai fini della confisca.
Le suddette condizioni devono sussistere tutte e contemporaneamente.
Passando ad analizzare ora le caratteristiche delle sanzioni interdittive, occorre, innanzitutto, precisare che le stesse hanno durata non inferiore a 3 mesi e non superiore a due anni e sono le seguenti:
- L’interdizione dall’esercizio dell’attività;
- Il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione;
- La sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito;
- L’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi e sussidi, e/o la revoca di eventuali già concessi;
- Il divieto di pubblicizzare beni o servizi.
In alcuni casi di particolare gravità, quale extrema ratio, è irrogabile anche l’interdizione definitiva dell’attività.
Tale sanzione è comminata se l’ente ha tratto dal reato un profitto di rilevante entità ed è già stato condannato, almeno tre volte negli ultimi sette anni, alla interdizione temporanea dall’esercizio dell’attività oppure se l’ente o una sua unità organizzativa è utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione di reati in relazione ai quali è prevista la sua responsabilità.
Quanto ai criteri di applicazione, il giudice stabilisce quale sanzione interdittiva applicare e per quale durata, tenendo conto della gravità del fatto, del grado di responsabilità dell’ente e dell’attività svolta per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto, del grado di responsabilità dell’ente e dell’attività svolta per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti.
Il giudice, in alcuni casi, può disporre, piuttosto che l’applicazione della sanzione, la prosecuzione dell’attività dell’ente da parte di un commissario giudiziale.
In pendenza del procedimento di accertamento della responsabilità penale dell’autore del reato e della responsabilità amministrativa dell’ente, il Tribunale può applicare in via cautelare (ovvero prima ancora di una pronuncia sulla responsabilità, le sanzioni interdittive, quando sussistono gravi indizi per ritenere la sussistenza della responsabilità dell’ente e vi sono fondati e specifici elementi che fanno ritenere concreto il pericolo che vengano commessi illeciti della stessa indole di quello per cui si procede.
Secondo la giurisprudenza l’adozione di un modello adeguato, anche successiva alla commissione del reato presupposto, può essere valutata quale circostanza di esclusione del pericolo di reiterazione del reato.
Il giudice può disporre la pubblicazione della sentenza di condanna quando nei confronti dell’ente è applicata una sanzione interdittiva. La sentenza è pubblicata una sola volta, per estratto o per intero, in uno o più giornali indicati dal giudice nella sentenza, nonché mediante affissione nel comune dove l’ente ha la sede principale.
La pubblicazione della sentenza è eseguita, a cura della cancelleria del giudice, a spese dell’ente.
Il giudice con la sentenza di condanna dispone sempre la confisca del prezzo o del profitto del reato.
Quando non è possibile eseguire la confisca, la stessa può avere ad oggetto somme di denaro, beni od altre utilità di valore equivalente al prezzo o al profitto del reato: c.d. confisca per equivalente.
2.3. IL MODELLO DI ORGANIZZAZIONE E GESTIONE E L’ESCLUSIONE DELLA RESPONSABILITÀ DELL’ENTE
Anche nel caso in cui la persona fisica:
A. ha agito nell’interesse e/o a vantaggio dell’Ente, e
B. ha commesso un reato previsto dal D.Lgs. n. 231/2001 come fonte di responsabilità amministrativa a carico della persona giuridica,
è possibile, secondo la Legge, che la persona giuridica vada esente da qualsivoglia responsabilità quando si verifichino le seguenti condizioni, la cui prova è posta a carico dell’Ente:
- l’Organo Amministrativo deve avere adottato e deve avere efficacemente attuato, prima della commissione del fatto illecito, un Modello di Organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire la realizzazione dei reati indicati dal D.Lgs. n. 231/2001;
- la Società deve avere affidato ad un Organo indipendente, dotato di poteri di iniziativa e di controllo, il compito di vigilare sul funzionamento e sull’efficace osservanza del Modello in questione, nonché di provvedere al suo aggiornamento;
- la Società deve altresì provare che non vi sia stato omesso o insufficiente controllo da parte dell’Organismo di Vigilanza;
- in ogni caso la responsabilità è esclusa se l’Ente prova che le persone che hanno commesso l’illecito hanno agito fraudolentemente, aggirando le misure di controllo.
Perché abbia l’effetto di esonero di responsabilità dell’Ente, il Modello previsto dal Decreto deve comunque soddisfare i seguenti requisiti minimi:
- individuare le attività nel cui ambito esiste la possibilità che vengano commessi i reati (attività sensibili) – Attività di ricognizione;
- prevedere specifici Protocolli (i.e. procedure) diretti a prevenire i reati;
- individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie e di comunicazione delle informazioni idonee ad impedire la commissione dei reati;
- prevedere obblighi di informazione nei confronti dell’organismo deputato a vigilare sul funzionamento ed osservanza del Modello;
- introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel Modello.
Per quanto espressamente attiene la materia degli infortuni sul lavoro e malattie professionali ex art. 25 septies del Decreto, il Modello di organizzazione e gestione idoneo ad avere efficacia esimente della responsabilità amministrativa dell’Ente deve essere adottato ed efficacemente attuato assicurando un sistema aziendale capace di adempiere a tutti gli obblighi relativi:
- al rispetto degli standard tecnico-strutturali di Legge relativi ad attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti chimici, fisici e biologici;
- alle attività di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di prevenzione e protezione conseguenti;
- alle attività di natura organizzativa, quali emergenze, primo soccorso, gestione degli appalti, riunioni periodiche di sicurezza, consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
- alle attività di sorveglianza sanitaria;
- alle attività di informazione e formazione dei lavoratori;
- alle attività di vigilanza rispetto alle procedure ed alle istruzioni di lavoro in sicurezza da parte dei lavoratori;
- alla acquisizione di documentazioni e certificazioni previste ex lege;
- alle periodiche verifiche dell’applicazione e dell’efficacia delle procedure adottate.
Delle attività appena elencate dovrà essere conservata prova scritta dell’avvenuta effettuazione.
2.4. LE LINEE GUIDA
L’art. 6, comma 3, D.Lgs. n. 231/2001 statuisce che “I modelli di organizzazione e di gestione possono essere adottati, garantendo le esigenze di cui al comma 2, sulla base di codici di comportamento redatti dalle associazioni rappresentative degli Enti, comunicati al Ministero della Giustizia che, di concerto con i Ministeri competenti, può formulare, entro trenta giorni, osservazioni sulla idoneità dei modelli a prevenire i reati”. Nella redazione del Modello organizzativo, adottato da SI.SE SPA, pertanto, si è tenuto conto oltre che delle pronunce giurisprudenziali e della normativa vigente in materia, anche delle Linee Guida emanate da Confindustria.
A tal proposito, si sottolinea che Confindustria ha emanato, ai sensi della norma di cui sopra, apposite Linee Guida.
Quest’ultime hanno costituito un importante punto di riferimento nella redazione del presente
Modello di organizzazione, gestione e controllo.
I punti fondamentali contenuti nelle citate Linee Guida possono essere così brevemente riassunti:
- attività di individuazione delle aree di rischio, volta a evidenziare le funzioni aziendali nell’ambito delle quali sia possibile la realizzazione degli eventi pregiudizievoli previsti dal Decreto;
- predisposizione di un Sistema di controllo in grado di prevenire i rischi attraverso l’adozione di appositi Protocolli.
Le componenti più rilevanti del sistema di controllo ideato da Confindustria sono:
- Codice Etico;
- sistema organizzativo;
- procedure manuali ed informatiche;
- poteri autorizzativi e di firma;
- sistemi di controllo e gestione;
- comunicazione al personale e sua formazione.
Le componenti del Sistema di controllo devono essere ispirate ai seguenti principi:
- Tracciabilità ovvero verificabilità, documentabilità, coerenza e congruenza di ogni operazione;
- applicazione del principio di separazione delle funzioni (nessuno può gestire in autonomia un intero processo);
- documentazione dei controlli;
- previsione di un adeguato sistema sanzionatorio per la violazione delle norme del Codice Etico e delle procedure previste dal Modello;
- individuazione dei requisiti dell’Organismo di Vigilanza, riassumibili in:
- autonomia e indipendenza;
- professionalità;
- continuità di azione;
- previsione di modalità di gestione delle risorse finanziarie;
- obblighi di informazione dell’organismo di controllo.
3. L’ORGANISMO DI VIGILANZA
3.1. L’ ORGANISMO DI VIGILANZA
L’art. 6, comma 1, lett. b), del D.Lgs. n. 231/2001, tra i requisiti affinché l’Ente possa essere esonerato dalla responsabilità conseguente alla commissione dei reati ivi elencati, individua l’istituzione di un Organismo di Vigilanza, dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo e con il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza del Modello, verificando e segnalando l’eventuale necessità dell’aggiornamento.
Si tratta di un organismo dell’Ente, in posizione di terzietà e di indipendenza rispetto agli altri organi dell’Ente.
L’OdV di SI.SE SPA si rapporta costantemente con il Consiglio d’Amministrazione.
3.2. I REQUISITI
I requisiti che l’Organismo di vigilanza deve soddisfare per un efficace svolgimento delle predette funzioni sono:
- Autonomia e indipendenza;
- Professionalità;
- Continuità di azione.
Circa l’autonomia ed indipendenza, l’Organismo di Vigilanza deve essere sprovvisto di compiti operativi e deve avere solo rapporti di staff con il Vertice operativo aziendale. I requisiti in questione, infatti, devono essere intesi in relazione alla funzionalità dell’OdV ed, in particolare, ai compiti che la Legge attribuisce allo stesso. Come definito nelle Linee Guida, la posizione dell’OdV nell’Ente “deve garantire l’autonomia dell’iniziativa di controllo da ogni forma di interferenza e/o condizionamento da parte di qualunque componente dell’Ente” (ivi compreso l’Organo Amministrativo).
L’indipendenza deve essere assicurata da una serie di condizioni oggettive e soggettive.
I membri dell’Organismo, in primo luogo, non devono essere legati agli esponenti del Vertice aziendale dell’Ente presso cui esercitano le loro funzioni di controllo da alcun vincolo di tipo parentale, né da interessi economici rilevanti (es. partecipazioni azionarie) o da qualsiasi situazione che possa generare conflitto di interesse.
In secondo luogo, l’indipendenza può essere garantita da:
- limitata revocabilità della carica: in tal modo, infatti, i componenti sono messi in condizione di esercitare la loro funzione per tutta la durata del loro mandato senza temere di essere rimossi in caso di contrasti con il Vertice e senza tentazioni di precostituire posizioni di potere finalizzate alla conferma dell’incarico;
- durata della carica: il termine deve essere sufficientemente lungo da consentire un esercizio stabile e professionale della funzione, ma non tanto da creare forti legami con il Vertice da cui potrebbero scaturire “situazioni di dipendenza”;
- consentire un collegamento diretto con la Direzione Generale, con il Collegio Sindacale e con lo stesso Consiglio di Amministrazione;
- prevedere autonomia di spesa mediante la predisposizione di idoneo budget annuale di spesa, che potrà essere modificato su giustificata richiesta scritta dell’OdV.
In ogni caso tali ultimi elementi devono essere contemperati con l’elemento della professionalità.
Infatti qualora l’Organismo di Vigilanza abbia svolto correttamente le proprie funzioni nel corso del precedente mandato, nulla impedirebbe di rinnovare l’incarico.
Circa la professionalità nell’espletamento dei suoi compiti istituzionali, i componenti del suddetto organo devono avere conoscenze specifiche in relazione a qualsiasi tecnica utile per prevenire la commissione di reati, per scoprire quelli già commessi e individuarne le cause, nonché per verificare il rispetto del Modello da parte degli appartenenti all’organizzazione aziendale. Si legge nelle Linee Guida che “questo connotato si riferisce al bagaglio di strumenti e tecniche che l’Organismo deve possedere per poter svolgere efficacemente l’attività assegnata. Si tratta di tecniche specialistiche proprie di chi svolge attività ispettiva, ma anche consulenziale di analisi dei sistemi di controllo e di tipo giuridico e, più in particolare penalistico”. E’, infatti, essenziale la conoscenza delle tecniche di analisi e valutazione dei rischi, del flusso dei dati, delle procedure e processi e della struttura e delle modalità realizzative dei reati.
Circa la continuità di azione, per garantire l’efficace attuazione del Modello organizzativo, è necessaria la presenza di una struttura dedicata esclusivamente e a tempo pieno all’attività di vigilanza.
3.3. LE FUNZIONI E POTERI
Le funzioni svolte dall’Organismo di Vigilanza possono essere così schematizzate:
- vigilanza sull’effettività del Modello, che consiste nel verificare la coerenza tra comportamenti concreti e Modello istituito;
- valutazione dell’adeguatezza del Modello, ossia della idoneità dello stesso, in relazione alla tipologia di attività e alle caratteristiche dell’impresa, ad evitare i rischi di realizzazione di reati.
Ciò impone un’attività di aggiornamento dei modelli sia alle mutate realtà organizzative aziendali sia ad eventuali mutamenti della Legge in esame.
Gli aggiornamenti, proposti dall’Organismo di Vigilanza, saranno adottatati dal Consiglio di Amministrazione secondo le rispettive competenze.
Per un efficace svolgimento delle predette funzioni l’Organismo di Vigilanza dispone di una serie di poteri e prerogative.
Esso, infatti, può:
- predisporre ed attuare le procedure di controllo che ritiene più opportune ai fini di prevenzione dei reati previsti nel Decreto;
- promuovere iniziative per la diffusione della conoscenza e della comprensione dei principi del modello e predisporre la documentazione organizzativa interna necessaria al funzionamento del modello stesso, contenente le istruzioni, i chiarimenti o gli aggiornamenti (organizzare corsi di formazione, divulgare materiale informativo), attraverso le strutture societarie preposte;
- coordinarsi con la Funzione competente per la definizione dei programmi di formazione per il personale e del contenuto delle comunicazioni periodiche da effettuarsi nei confronti dei dipendenti finalizzate a fornire loro le conoscenze di base della normativa di cui al D.Lgs. n. 231/2001 e sensibilizzare i destinatari al rispetto del Modello e del Codice Etico;
- coordinarsi con il Responsabile Qualità, Ambiente e Sicurezza (RQAS), col Medico Competente (MC) ed il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) al fine di vigilare sulla corretta valutazione e prevenzione dei rischi derivanti ai dipendenti dalla lavorazione e/o dallo stato igienico degli ambienti;
- coordinarsi con il management aziendale per il miglior monitoraggio delle attività sensibili e per valutare, se del caso, l’adozione di sanzioni disciplinari;
- condurre ricognizioni sull’attività aziendale ai fini dell’aggiornamento dei rischi di violazione del Modello e della individuazione delle aree sensibili;
- effettuare periodicamente verifiche mirate su determinate operazioni o specifici atti posti in essere dall’Ente, nell’ambito dei Processi sensibili, i cui risultati devono essere riassunti in apposita relazione da prodursi agli Organi Societari deputati;
- effettuare verifiche atte ad accertare che il Datore di Lavoro, eventuali suoi delegati (Preposti) ed il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione adempiano correttamente ai compiti loro spettanti in materia di Sicurezza e igiene sul lavoro;
- raccogliere, elaborare e conservare le informazioni rilevanti in ordine al rispetto del Modello, nonché aggiornare la lista di informazioni che sono trasmesse all’OdV o tenute a disposizione.
Nello svolgimento dei compiti assegnati, l’Organismo di Vigilanza:
- ha accesso senza limitazioni alle informazioni aziendali per compiere le necessarie attività di indagine, analisi e controllo; su tali informazioni l’OdV è tenuto all’assoluto riserbo, fatto salvo l’utilizzo delle informazioni e dei dati per l’esercizio dei propri compiti istituzionali;
- può ricorrere a consulenti esterni, ove si renda necessario, per l’espletamento delle attività di verifica ovvero di aggiornamento del Modello.
A fronte di richieste legittime e motivate da parte dell’Organismo di Vigilanza o al verificarsi di eventi o circostanze rilevanti ai fini dello svolgimento delle attività di sua competenza, è fatto obbligo in capo a qualunque dipendente e/o componente degli Organi Societari di fornire i dati domandati.
Qualora i Destinatari della richiesta dell’OdV intendano eccepire il segreto aziendale su particolari dati o l’abuso dei poteri ispettivi da parte dell’OdV, debbono immediatamente informare l’Amministratore Delegato il quale riferirà al Consiglio di Amministrazione che assumerà ogni informazione al riguardo e delibererà in merito.
In ogni caso della richiesta, della opposizione e della decisione del Consiglio di Amministrazione dovrà conservarsi completa documentazione scritta.
Le direttive e le indicazioni espresse dall’OdV, per le aree di propria competenza, dovranno sempre essere tenute in debita considerazione e, comunque, vagliate criticamente da parte degli Organi Societari nell’espletamento delle proprie funzioni in ordine alle questioni contemplate nel presente Modello.
Cause di ineleggibilità e/o decadenza dalla carica.
Sono cause di ineleggibilità e/o decadenza dalla carica:
- il rinvio a giudizio per aver commesso uno dei reati previsti dal D.Lgs. n. 231/2001 e successive modificazioni;
- la condanna, anche non definitiva, a una pena che importa l’interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici;
- la condanna, anche non definitiva, a una pena che importa l’interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese;
- la condanna, anche non definitiva, per qualsivoglia reato contro il patrimonio;
- la condanna, con sentenza passata in giudicato, per qualsivoglia reato punito con pena edittale superiore ai cinque anni di reclusione;
- l’essere (o divenire) membri dell’Organo Amministrativo di SI.SE SPA o del Collegio Sindacale, ai sensi della vigente normativa, ovvero ricoprire l’incarico di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione o di Responsabile della Sicurezza sul lavoro;
- l’avere relazioni di coniugio, parentela o affinità fino al terzo grado, con i componenti dell’Organo Amministrativo, con i Direttori generali di SI.SE SPA o della Società di revisione o con i Revisori incaricati dalla Società di revisione;
- l’aver intrattenuto rapporti di lavoro autonomo o subordinato, nell’ultimo triennio, con entità con le quali, o nei confronti delle quali, possono essere compiuti i reati e gli illeciti tipizzati dalla vigente normativa in materia di “responsabilità amministrativa delle persone giuridiche”.
Il Consiglio di Amministrazione accerterà le eventuali cause di ineleggibilità o decadenza e potrà in ogni caso revocare dalla carica anche con effetto immediato il componente dell’OdV, modificarne o limitarne i poteri ovvero i limiti di spesa; ciò però soltanto previa formale delibera del Consiglio di Amministrazione e sentito il parere del Collegio Sindacale.
In qualsivoglia caso di revoca, dimissioni decadenza o di impossibilità di funzionamento dovuta ad altra causa, il Consiglio di Amministrazione provvede, senza indugio, alla ricostituzione dell’Organismo, assicurandone comunque i caratteri di indipendenza e autonomia previsti dalla Legge.
3.4. IDENTIFICAZIONE E COLLOCAZIONE DELL’ODV ALL’INTERNO DELLA SOCIETÀ
3.5. FUNZIONAMENTO DELL’ODV. DI SI.SE SPA
3.6. OBBLIGHI D’INFORMAZIONE NEI CONFRONTI DELL’ORGANISMO DI VIGILANZA
L’Organismo di Vigilanza è destinatario delle segnalazioni circa eventuali violazioni del presente Modello organizzativo.
A tal fine, di seguito, sono descritti specifici canali informativi, diretti a costituire un flusso di segnalazioni ed informazioni verso l’Organismo.
Tutti i dipendenti e tutti coloro che cooperano al perseguimento dei fini della Società, sono tenuti ad informare tempestivamente l’Organismo di Vigilanza in ordine ad ogni violazione del Modello e dei suoi elementi costitutivi e ad ogni altro aspetto potenzialmente rilevante ai fini dell’applicazione del D.Lgs. n. 231/2001.
In particolare, devono essere tempestivamente trasmesse all’Organismo di Vigilanza le informazioni concernenti:
- provvedimenti e/o notizie provenienti da organi di Polizia Giudiziaria, o da qualsiasi altra Autorità, dai quali si evinca lo svolgimento di attività di indagine per i reati di cui al Decreto, avviate anche nei confronti di ignoti;
- rapporti predisposti dai responsabili delle funzioni aziendali e territoriali nell’ambito dell’attività di controllo svolte, dai quali possano emergere fatti, atti, eventi od omissioni con profili di criticità rispetto alle norme del Decreto;
- notizie relative all’effettiva attuazione, a tutti i livelli aziendali, del Modello, evidenzianti i procedimenti disciplinari svolti e le eventuali sanzioni irrogate (ivi compresi i provvedimenti assunti nei confronti dei dipendenti), ovvero i provvedimenti motivati di archiviazione dei procedimenti disciplinari;
- ogni eventuale modifica e/o integrazione al sistema di deleghe e procure;
- ogni eventuale emanazione, modifica e/o integrazione alle procedure operative rilevate ai fini del D.Lgs. n. 231/2001.
L’Organismo di Vigilanza è destinatario anche delle segnalazioni aventi ad oggetto il funzionamento e l’aggiornamento del Modello, ossia l’adeguatezza dei principi del Codice Etico e delle procedure aziendali.
Tali segnalazioni devono essere effettuate in forma scritta. L’Organismo agisce in modo da garantire i segnalanti contro qualsiasi forma di ritorsione, discriminazione o penalizzazione, assicurando altresì l’anonimato del segnalante e la riservatezza dei fatti dal medesimo segnalati, fatti salvi gli obblighi di legge e la tutela dei diritti della Società.
A tal fine, in ogni sito aziendale, è stata collocata una cassetta postale per raccogliere eventuali segnalazioni (anche anonime).
Le segnalazioni in oggetto potranno pervenire anche da soggetti terzi.
L’Organismo di Vigilanza, a sua volta, provvederà a rendicontare secondo la periodicità indicata nello specifico Regolamento, i risultati dell’attività svolta al Consiglio di Amministrazione.
4. PARTE SPECIALE
4.1. PREMESSA
SI.SE Sistemi Segnaletici SPA è una società per azioni costituita il 16/05/1980. Attualmente la governance della Società è affidata da un Consiglio di Amministrazione.
Tutta la struttura operativa fa riferimento alla sede legale ubicata in via Dell’Industria n. 41 a Castiglione delle Stiviere (Mantova) ed alla unità locale sita alla via Toscanini n.50/A.
L’attività prevalente svolta dalla Società è la realizzazione di segnaletica stradale, tra cui impianti semaforici a messaggio variabile, articoli per la segnaletica e l’informazione visiva, stradale o diversa, sia orizzontale che verticale, sia luminosa che non luminosa.
Per effetto dell’attività sopra descritta SI.SE SPA intrattiene rapporti con la Pubblica Amministrazione.
SI.SE SPA è sensibile all’esigenza di assicurare condizioni di correttezza e di trasparenza nella conduzione degli affari e delle attività aziendali, a tutela della posizione e della propria immagine e del lavoro dei propri dipendenti.
SI.SE SPA risulta essere:
- iscritta al Repertorio Economico Amministrativo di Mantova n. 140130;
- iscritta al Registro delle Imprese di Mantova al n. 01210380208;
- iscritta all’Albo Nazionale Gestori ambientali n. MI 059348 alla Categoria 2bis – produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti;
Possiede inoltre i seguenti certificazioni e attestazioni:
- Certificazione standard ISO 9001:2015,
- Certificazione sulla costanza della prestazione in conformità al Regolamento UE n.305/2011 (Regolamento Prodotti da Costruzione o CPR) e secondo la norma EN 12899-1:2007 (marcatura CE),
- Certificazione standard ISO 14001:2015,
- Certificazione standard ISO 39001:2012,
- Certificazione standard ISO 45001:2018 ,
- Attestazione di qualificazione all’esecuzione di lavori pubblici (SOA)
Per una corretta ed efficace applicazione ed attuazione del presente modello organizzativo, occorre ex ante analizzare l’organizzazione aziendale, nella quale si possono riscontrare due macro aree, una “amministrativa/contabile” e l’altra “produttiva”.
In particolare l’organigramma funzionale prevede una suddivisione tra:
- Area del personale e sicurezza sul luogo di lavoro;
- Area tecnica e impresa e della gestione qualità/ambiente/sicurezza e risorse umane;
- Area commerciale relativa alla gestione dei lavori e del personale esterno, di programmazione e logistica e di produzione;
- Area contabile relativa a lavori e programmazione logistica e ordini nonché contabilità, bilancio, fatturazione, gestione del personale interno e buste paga.
Per una dettagliata indicazione dell’organigramma funzionale aggiornato si rinvia al sito della società: https://www.sisespa.com.
Macro area amministrativa – contabile
La complessa ed ampia attività svolta dalla Società di cui meglio in premessa comporta che all’interno del sistema amministrativo sussistano deleghe e procure, al fine di gestire al meglio l’intero processo aziendale. Attualmente è in fase di definizione del Consiglio, l’Amministratore che eserciterà attraverso procura la funzione di controllo e governo del sistema amministrativo.
Macro area produttiva
Al fine di svolgere l’attività di cui meglio in premessa, l’Azienda è costituita, oltre dal suo stabile e sede legale sito in Castiglione delle Stiviere (MN), via dell’Industria n.41, dalle seguenti unità immobiliari:
- Un deposito sito in località Castiglione delle Stiviere (MN) adibito a magazzino di materia prima per le lavorazioni di carpenteria.
4.2. MODALITÀ DI ANALISI DEL RISCHIO
La commissione di illeciti e di reati può essere collocata astrattamente in due particolari categorie:
- Reati ed illeciti che sono rilevabili nelle scritture contabili come fatti di gestione artefatti ed occultati tramite espedienti ed accorgimenti basati su falsa documentazione, accordi fittizi ed altro (macro area amministrativa/contabile);
- Illeciti e reati diversi rispetto a quelli di cui al punto a), che non hanno a che vedere con i fatti di gestione registrati nelle scritture contabili e nei prospetti di bilancio (Financial Reporting), ma che possono comunque essere commessi recando nocumento all’azienda (macro area produttiva);
La società ha adottato, al fine della predisposizione del presente documento, i seguenti metodi interni di valutazione del
rischio:
- per quanto concerne i reati di cui al punto a) relativi all’area amministrativa, la società attraverso l’auditing e la verificadelle procedure già in essere, ha ricercato i punti di debolezza nelle stesse operazioni, determinando il c.d. Rischio di Infrazione;
- per quanto concerne i reati di cui al punto b) (macro area produttiva), ovvero per la generale “Valutazione del Rischio di Infrazione e commissione del reato” è stata presa in considerazione da un lato la gravità degli effetti che tali reati presupposto possono provocare Gravità (Impatto/Danno) G, dall’altro la Probabilità P che il reato possa essere commesso, mitigata dalla Copertura C delle procedure in essere implementate anche dal presente “Modello Organizzativo” applicato e finalizzata a mitigare il rischio che tali fattispecie si realizzino (probabilità di commissione del reato – mitigata dalla copertura “As is analisys)”.
Al fattore Gravità (Impatto/Danno) G è stato assegnato un valore crescente da 1 a 4, in base alla maggiore o minore sensibilità del processo attività in esame, alla frequenza di esecuzione ad alle considerazioni emerse rispetto alle responsabilità coinvolte. All’interno di tale fattore sono contenute anche valutazioni generali in merito alla tipologia ed alla gravità delle sanzioni (sanzioni pecuniarie e sanzioni interdittive) nelle quali l’ente può incorrere. Tutto ciò premettendo che l’ente/Società mira a presidiare l’accadimento di qualsiasi fatto illecito contemplato nel D. Lgs. 231/2001
per prevenire ogni tipologia di ricaduta in termini di immagine o di danno economico finanziario.
Il fattore Probabilità P (al netto della Copertura: As in analisys) sempre con valore assegnato da 1 a 4 è stato invece valorizzato in base alla presenza di elementi individuati quali: linee guida di principio/indirizzo, procedure, regole, protocolli, autorizzazioni, controlli…ect), diretti a mitigare i rischi connessi alla concretizzazione dei reati.
La conseguenza è che la scala individuata è inversa rispetto al fattore gravità/impatto, cioè il giudizio di minore probabilità con presidio/procedura efficace è pari ad 1 mentre quello di presidio/procedura meno efficace (alta probabilità) è uguale a 4.
La classificazione del Rischio è, quindi, il risultato della moltiplicazione tra i fattori Gravità (Impatto/Danno) G e Probabilità P (al netto della Copertura: As in analisys).
Si può andare quindi da un potenziale Rischio Minimo 1 (dove entrambi i fattori sono valorizzati con 1) ad un Massimo Rischio avvalorato con 16 (dove entrambi i fattori sono stati stimati con valore pari a 4).
La classificazione finale del rischio è quindi il risultato della moltiplicazione tra i fattori
R= G * (P-C)
Con la conseguente classificazione del Rischio:
Livello di Rischio 1-2: Trascurabile – Improbabile – Irrilevante
Livello di Rischio 3-4: Basso – Poco Probabile
Livello di Rischio 6-8: Medio – Probabile
Livello di Rischio 9-16: Alto – effettivo – reale
4.3. AREE SENSIBILI
A seguito delle suddette analisi, corredate da apposite Check list, redatte dall’Organo di governance, sono state ravvisate le seguenti aree sensibili, inerenti le due macro-aree di cui sopra, ovvero riferibili all’area amministrativa – contabile ed a quella produttiva, in cui esiste la possibilità che siano commessi reati:
Area amministrativa – contabile
4.3.1. APPROVVIGIONAMENTO SERVIZI E GESTIONE AMMINISTRATIVA, CONTABILE E FINANZIARIA
La presente area sensibile riguarda il processo attraverso il quale la società procede all’acquisto sia dei beni identificabili quale materia prima, sia delle attrezzature e dei macchinari necessari per la produzione sia della gestione della forza lavoro.
La gestione amministrativa e contabile riguarda il processo attraverso il quale viene gestito sia il ciclo della fatturazione sia la redazione del bilancio.
Tale area risulta sensibile, in quanto, l’assunzione di una procedura di controllo adeguata permette di prevenire sia i reati rientranti nell’ambito dei reati societari sia i reati di ricettazione, riciclaggio ed impiego di denaro o utilità di provenienza disciplinato dall’art 2635 C.c., relativo alla corruzione tra privati.
La società ha in corso appalti o gare con la pubblica amministrazione e di conseguenza tale area risulta sensibile anche con riguardo alla commissione di reati contro la pubblica amministrazione.
Rientra, infine, in questo processo anche la gestione dei rapporti con gli Istituti di credito in occasione di rinnovo fidi o concessione di finanziamenti.
4.3.2. GESTIONE RAPPORTI SOCIALI
La presente area sensibile riguarda il processo attraverso il quale vengono gestite le operazioni sul capitale sociale, la gestione dei rapporti e delle comunicazioni ai soci, le convocazioni delle assemblee e dei soci, i rapporti ed i flussi informativi con gli organi di controllo contabile.
L’assunzione di una procedura di controllo adeguata permette di prevenire anch’essa i reati rientranti nell’ambito dei reati societari, con particolare riferimento ai reati di cui agli articoli 2624 C.c. e 2625 C.c., ovvero ai reati di falsità nelle relazioni e nelle comunicazioni della società di revisione e di impedito controllo.
Per quanto concerne le società controllate e collegate occorre precisare che il Decreto Legislativo 231/2001 non disciplina espressamente se la responsabilità amministrativa degli enti sia estensibile ai c.d. gruppi societari.
Risulta pacifico che, in assenza di un’espressa disciplina derogatoria ed, in forza del principio di legalità vigente, affinchè possa estendersi la responsabilità amministrativa dell’ente ad un altro ente facente parte del medesimo gruppo, è necessario che, anche in riferimento a questo ente ulteriore, si siano verificate tutte le condizioni costitutive dell’illecito previste dal decreto legislativo ovvero: la commissione del reato presupposto, l’interesse o vantaggio dell’ente stesso e l’assenza di un modello organizzativo idoneo a prevenire la commissione dei reati.
In altre parole, affinchè anche la società capogruppo risponda dell’illecito commesso da un soggetto facente parte dell’organizzazione aziendale di una società controllata, è necessario che la stessa società capogruppo abbia ottenuto un interesse o vantaggio.
La giurisprudenza, in caso di enti ascrivibili ad un medesimo “gruppo finanziario” con esistenza di una holding, ha evidenziato che non sia sufficiente un generico riferimento al gruppo per affermare la responsabilità di un ente, il cui amministratore di fatto abbia concorso nel reato, richiedendo la verifica in concreto della sussistenza di un interesse concorrente o vantaggio dell’ente medesimo, nel senso che la società deve ricevere una potenziale o effettiva utilità, ancorché non necessariamente di carattere patrimoniale.
Per tale ragione risulta importante che la società capogruppo “controlli” il rispetto anche da parte delle Sue controllate della normativa vigente in materia di 231/2001 e la predisposizione da parte delle stesse di un adeguato modello organizzativo, atto a prevenire la commissione dei c.d. “reati presupposto”.
4.3.3. GESTIONE MERCATI REGOLAMENTATI
La presente area sensibile concerne principalmente gli adempimenti che la società deve porre in essere al fine del rispetto della normativa vigente, con particolare riferimento:
- Al Regolamento Ue n. 596/2014 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 aprile 2014 relativo agli abusi di mercato (MAR), che ha armonizzato la procedura comunitaria relativamente alle informazioni privilegiate ed agli abusi di mercato;
- Alle norme di attuazione MAR e precisamente i Regolamenti di esecuzione UE n. 347/2016 e n. 1055/2016;
- Alla delibera Consob del 22 marzo 2017 n. 19925 relativa alle modifiche ai regolamenti di attuazione del TUF per l’attuazione di MAR;
L’assunzione di procedure adeguate permette la prevenzione sia dei reati di abuso di informazioni privilegiate ex art. 184 TUF e di manipolazione del mercato ex art. 185 TUF, sia dei rispettivi illeciti amministrativi di cui agli articoli 187 bis TUF e 187 ter TUF.
La presente area non risulta, però, al momento particolarmente rilavante per la Società in quanto, pur essendo una Società per azioni non è quotata in Borsa ed al momento non ha emesso titoli obbligazionari.
4.3.4. GESTIONE RISORSE UMANE
Tale area sensibile riguarda il processo relativo alle attività di gestione del personale sia dal punto di vista legale sia da quello sindacale- amministrativo.
In particolare risulta necessaria l’assunzione di una specifica procedura per la comminazione di eventuali sanzioni disciplinari e, per quanto concerne, la normativa di cui alla 231, la prevenzione del reato espressamente previsto quale reato presupposto di impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (art. 25 duodecies D.L.gs 231/2001).
4.3.5. GESTIONE DEI SISTEMI INFORMATICI E PRIVACY
Tale area sensibile afferisce sia l’attività di archiviazione e di sicurezza informatica sia l’attività, strettamente collegata, di rispetto della normativa privacy, con particolare attenzione all’adeguamento da parte della Società alla normativa in tema privacy entrata in vigore con il Regolamento 679/2016, il quale prevede precisi ed ulteriori diritti, rispetto alla previgente normativa, per i soggetti che entrano in contatto con la società e precisamente:
- il diritto di richiedere la rettifica dei dati inesatti o l’integrazione di quelli incompleti; la limitazione del trattamento dei dati personali;
- il diritto di richiedere ed ottenere dalla ditta – nelle ipotesi in cui la base giuridica del trattamento sia il contratto o il consenso, e lo stesso sia effettuato con mezzi automatizzati – i dati personali in un formato strutturato e leggibile da dispositivo automatico, anche al fine di comunicare tali dati ad un altro titolare del trattamento (c.d. diritto alla portabilità dei dati personali);
- il diritto di revocare il consenso in qualsiasi momento, limitatamente alle ipotesi in cui il trattamento sia basato sul consenso per una o più specifiche finalità e riguardi dati personali comuni (ad esempio data e luogo di nascita o luogo di residenza), oppure particolari categorie di dati (ad esempio dati che rivelano la origine razziale, le opinioni politiche, le convinzioni religiose, lo stato di salute o la vita sessuale;
- il diritto di proporre reclamo a un’autorità di controllo (Autorità Garante per la protezione dei dati personali – www.garanteprivacy.it).
Un’apposita procedura riguardante il sistema informatico permette, oltre che di rispettare la nuova normativa in tema di privacy, anche e soprattutto di prevenire eventuali reati informatici, di cui al capitolo 1 del presente Modello Organizzativo.
Area produttiva
4.3.6. GESTIONE SICUREZZA E SALUTE NEI LUOGHI DI LAVORO
La presente area sensibile riguarda il processo che prevede la gestione di tutti gli adempimenti legislativi in materia di tutela della salute e sicurezza aziendale.
Nella procedura relativa a tale area rientrano tutte le attività volte a tutelare la sicurezza aziendale e a prevenire i reati commessi in violazione delle norme antinfortunistiche e di tutela dell’igiene e della salute sul lavoro, di cui al capitolo 1 del presente modello.
4.3.7. GESTIONE QUALITÀ AMBIENTE
Tale area sensibile riguarda gli aspetti ambientali diretti e indiretti che possono causare impatti significativi, che possono essere tenuti sotto controllo e sui quali l’Azienda può avere influenza.
Le procedure poste in essere in tale ambito sono rilevanti ai fini della prevenzione dei numerosi reati in materia ambientali espressamente previsti, quali reati presupposto.
4.4. RELATIVE PROCEDURE DI PREVENZIONE DELLA COMMISSIONE DEI REATI
A seguito della suddetta Analisi del Rischio, si esplicano per ogni area sensibile le principali procedure poste in essere dalla società, al fine di prevenire la commissione dei reati presupposto e di diminuire il Rischio, aumentando la mitigazione della Copertura, come da classificazione del Rischio di cui sopra, il quale corrisponde al risultato della moltiplicazione tra i fattori Gravità (Impatto/Danno) G e Probabilità P (al netto della Copertura: As in analisys).
Stante l’eterogeneità e la complessità della struttura e dell’attività aziendale nel presente modello verranno illustrate le principali procedure in essere atte a prevenire la commissione di reati presupposto.
Lo stesso modello, però, nella valutazione della Copertura ai fini della Valutazione dei rischi, tiene conto di tutte le procedure in essere, il cui elenco viene allegato al presente (Allegato C).
4.4.1. APPROVVIGIONAMENTO SERVIZI E GESTIONE AMMINISTRATIVA, CONTABILE E FINANZIARIA
Le principali procedure poste in essere dalla società SI.SE SPA, al fine di prevenire i potenziali reati presupposto relativi alla presente area sono le seguenti.
L’aggiudicazione di ogni gara viene comunicata alla presidenza successivamente al settore produttivo.
La Presidenza, , nomina il responsabile con il compito di coordinare la partenza e la gestione dell’appalto.
La Presidenza comunica a tutti gli uffici competenti l’esito della stessa ed il nominativo del Responsabile, il quale deve contattare gli uffici al fine di fornire tutti i dettagli necessari per evadere quanto previsto in appalto.
Per quanto concerne, invece, il controllo sui reati contabili, la Società ha posto in essere una procedura sulla fatturazione, specifica per ogni settore produttivo.
Tutte le fatture relative attive e passive vengono vagliate sia dal Responsabile Amministrativo che dal Controller Conti e Finanza.
La fatturazione viene gestita dall’Ufficio Amministrativo.
Al termine di ogni fatturazione si procedere all’invio elettronico delle fatture tramite canale SDI.
Nell’ambito privatistico, normalmente è il privato che contatta l’ufficio commerciale e fissa un incontro per la definizione della tipologia di offerta da sottoscrivere.
Tra le altre tipologie di attività svolte dalla società, si ritiene opportuno segnalare le prestazioni di natura occasionale.
Per tali prestazioni l’ufficio deve disporre comunque di un ordine formalizzato. L’ordine viene codificato ed inserito a terminale.
4.4.2. GESTIONE RAPPORTI SOCIALI
Quanto al novero dei reati societari di cui al primo capitolo, con particolare riferimento ai reati di cui agli articoli 2624 C.c. e 2625 C.c., ovvero ai reati di falsità nelle relazioni e nelle comunicazioni di impedito controllo, si sottolinea che la Società è amministrata e gestita da un Consiglio di Amministrazione, unitamente ad un sistema di deleghe e procure correttamente gestite e pubblicizzate, al fine della tutela dei terzi.
SI.SE SPA è dotata di un sistema di procure e deleghe delineato e formalizzato.
In ogni caso, le procure consentono di individuare in maniera chiara e precisa le attività svolte da ciascun procuratore e risultano coerenti con la posizione che tali soggetti ricoprono all’interno della struttura organizzativa.
Dall’analisi delle procure inoltre, risulta rispettato il principio della segregazione delle funzioni, non si ravvisano infatti, sovrapposizioni oggettive di poteri non cumulabili: ciò assicura una riduzione del rischio di commissione di fattispecie penalmente rilevanti. SI.SE SPA, inoltre, per assicurare la conformità rispetto alle indicazioni previste dal D.Lgs. n. 231/2001 ha formalizzato un sistema di deleghe di funzioni in modo da attribuire le responsabilità – potenzialmente anche penali – che possono derivare dallo svolgimento dell’attività delegata, ai soggetti realmente coinvolti nell’attività stessa.
Individuando un soggetto responsabile per ogni attività, infatti, lo stesso è maggiormente responsabilizzato nell’adempimento dei propri compiti.
Ciò, evidentemente, permette al Consiglio d’Amministrazione di Società di dimensioni medio grandi di fare affidamento sul pieno rispetto delle norme esistenti nel nostro ordinamento giuridico da parte di tutti i soggetti che prestano attività all’interno della Società.
La stessa società è pienamente in regola con la normativa vigente in tema di tenuta dei libri sociali e contabili.
I Sindaci effettuano periodicamente controlli sulle scritture contabili.
4.4.3. GESTIONE MERCATI REGOLAMENTATI
4.4.4. GESTIONE RISORSE UMANE
Per quanto concerne la prevenzione dei reati di tale area sensibile la Società ha adottato una apposita procedura di Gestione delle Risorse Umane.
L’Azienda ha predisposto ed applica una Procedura per definire le modalità di accertamento delle competenze del personale necessario a soddisfare le esigenze aziendali ed in particolare di quello avente responsabilità per la qualità dei prodotti finiti ai Clienti, per la tutela dell’ambiente e per il mantenimento di un buon livello di sicurezza e salute sul lavoro.
Il Responsabile risorse umane, prima dell’assunzione di Personale la cui mansione sia di particolare rilevanza per la qualità dei servizi, per l’ambiente e per la sicurezza, definisce i profili di ruolo e gli eventuali requisiti legali richiesti dalle specifiche mansioni e garantisce che queste mansioni siano occupate da Personale con caratteristiche paragonabili ai requisiti descritti nei profili di ruolo.
Le interviste di selezione del Personale sono tenute dall’Amministratore Delegato e dal Responsabile Risorse Umane per le posizioni rilevanti (Dirigenti, Quadri, ecc) e dal Responsabile Risorse Umane, unitamente ai Responsabili di processo per le posizioni meno rilevanti (rispettivamente Impiegati dai Responsabili di Funzione e Operai).
Nel caso, gli Intervistatori autorizzati registrano su apposito Curriculum Vitae i dati identificativi e salienti del Candidato, richiedono ed allegano al Curriculum tutti i documenti necessari e li trasmettono all’Ufficio del Personale (UP) per il loro utilizzo e conservazione.
La valutazione del Candidato viene fatta per competenza da Amministratore Delegato, Responsabile Risorse Umane considerando requisiti, referenze, prove tecniche e anche dall’esito della visita medica.
La società individuata le esigenze di formazione necessarie a garantire che ciascun addetto abbia le conoscenze necessarie a svolgere il proprio lavoro e per migliorare le attività connesse con il proprio SGI, impegnandosi ad attuare quanto richiesto.
Generalmente ogni anno vengono indette dalla Direzione riunioni per la valutazione dell’adeguatezza della documentazione di sicurezza prevista dalla Legge vigente normativa (valutazione dei rischi, piano d’emergenza, etc.), dei DPI attualmente presenti, dei programmi di formazione previsti.
A queste riunioni partecipano iRSPP e i RLS ed eventualmente i medici competenti.
Durante la selezione l’Amministratore Delegato ed il Responsabile Risorse Umane forniscono al candidato informazioni relative alla natura giuridica dell’azienda, alle attività che l’azienda svolge, ai punti d’interesse a livello contrattuale riportati nel CCNL e nell’integrativo aziendale ed ai concetti fondamentali del sistema di gestione.
All’atto della assunzione Amministratore Delegato ed il Responsabile Risorse Umane ognuno per quanto di propria competenza, forniscono al Neo-assunto informazioni relative al dettaglio del lavoro da svolgere, all’orario di lavoro, alle norme disciplinari in uso, alla dipendenza gerarchica, agli Aspetti economici particolari, ai Rischi connessi alla mansione affidata ed agli Aspetti ambientali interagenti con la mansione affidata.
Le stesse informazioni sono fomite al Personale per il quale è previsto un cambio di mansione all’’interno dell’azienda.
Il ed il Responsabile Risorse Umane, unitamente al Responsabile del Sistema di Gestione, illustra inoltre la Politica aziendale, il Modello di Comportamento L. 231/2001, gli Obiettivi da perseguire e gli obblighi derivanti dall’ applicazione del Sistema di Gestione Qualità, Ambiente e Sicurezza, consegnando in forma controllata la pertinente documentazione in uso.
Il Responsabile del Sistema di Gestione, con la fattiva collaborazione di altri responsabili di settore, individuano ogni anno le esigenze di formazione ed addestramento del Personale, gli argomenti da trattare, le ore di formazione da realizzare, il periodo in cui devono essere tenute le formazioni e gli addestramenti e formalizzano una proposta di Formazione ed Addestramento tenendo conto di impegni espressi nelle Politica aziendale, richieste ed esigenze dei Clienti, tecnologie di processo utilizzate, prescrizioni legislative vigenti, procedure corretto utilizzo dei DPI, rischi di impatto ambientale derivanti dalle attività svolte, rischi di Incidente e di Infortunio derivanti dalle attività svolte, attività di emergenze simulate per l’ambiente e la sicurezza, richieste delle parti interessate ed efficacia della Formazione e degli Addestramenti precedentemente svolti.
Durante la realizzazione di quanto programmato, il Responsabile del Sistema di Gestione con altri responsabili di settore dispongono l’esecuzione di ulteriori e specifici addestramenti tutte le volte che risulta essere opportuno e/o necessario a garantire il conseguimento di impegni, obiettivi, traguardi aziendali e la soddisfazione del Clienti, assicurare la consapevolezza dei rischi di Impatto ambientale e dei rischi per la sicurezza sul lavoro derivanti dalle attività svolte.
Il Responsabile del Sistema di Gestione con la collaborazione di altri responsabili di settore, mette in atto incontri formativi in occasione di assunzione di nuovo personale, variazione di mansione del personale, Introduzione di nuove metodologie di lavoro, introduzione di nuove procedure o variazione di quelle esistenti, nuovi e/o mutati rischi di impatto ambientale, variazione nel contenuto generale del Piano di emergenza.
Il Responsabile del Sistema di Gestione, e gli responsabili di settore per quanto di loro competenza, dispongono specifici addestramenti per garantire che il Personale abbia conoscenza di prescrizioni legislative vigenti nei Siti, uso dei Dispositivi di Protezione Individuale, effetti causati dal non corretto utilizzo dei DPI e rischi di impatto ambientale derivanti dalle attività svolte.
Il Responsabile del Sistema di Gestione dovrà verificare che il Personale delle Imprese appaltatrici sia stato oppure venga correttamente Informato ed addestrato con specifici corsi di addestramento dedicati e/o generici relativamente a modalitàdi esecuzione dei lavori, ottenimento di permessi di lavoro (lavori in strada, in spazi confinati ecc.), manipolazione di sostanze nocive, tossiche, Infiammabili, corrosive, ecc., utilizzo delle risorse (acqua, energia ecc.) ed alte possibili conseguenze derivanti dall’inosservanza delle norme di sicurezza.
Per ogni addestramento o attività di formazione svolta il Responsabile/lstruttore incaricato utilizza l’apposito “Verbale di Addestramento”, indica l’argomento da trattare e/o l’attività da svolgere, descrive la trattazione dell’argomento e/o le attività svolte, registra il personale presente all’addestramento, raccoglie le firme dei presenti, numera, firma e conserva i Verbali.
Il Responsabile del Sistema di Gestione assicura con pertinenti registrazioni che i dipendenti abbiano partecipato alle sessioni per loro programmate ed inoltre raccoglie e conserva la documentazione relativa agli addestramenti ed alla formazione effettuati nel corso dell’anno.
La gestione delle risorse coinvolge anche quelle economiche/finanziarie.
Il miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza del sistema di gestione influisce in maniera determinante sulle risorse economiche finanziarle.
Per ottenere ciò l’Azienda presta la massima attenzione al monitoraggio dei processi che concorrono alla erogazione dei servizi al fine di individuare eventuali criticità, non conformità, ritardi, reclami, non soddisfacimento del cliente, costi dovuti a riparazioni e/o ripetizioni d’interventi incompleti e/o mal eseguiti.
Il raggiungimento o meno degli aspetti sopra citati fornisce importanti spunti per individuare quali attività aziendali siano risultate inefficaci e inefficienti per iniziare opportune azioni di miglioramento.
Per quanto concerne la prevenzione del reato espressamente previsto quale reato presupposto di impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (art. 25 duodecies D.L.gs 231/2001), la Società prevede un controllo preventivo della regolarità del soggiorno in Italia del potenziale lavoratore, attraverso la verifica del permesso di soggiorno.
4.4.5. GESTIONE DEI SISTEMI INFORMATICI E PRIVACY
In osservanza del Regolamento Europeo 679/2016, la Società ha elaborato cinque procedure che individuano esattamente le persone che, all’interno della società, hanno accesso ad informazioni sensibili ai sensi della normativa privacy e le modalità di trattamento e di conservazione di tali dati, siano essi cartacei o informatizzati.
Le procedure in essere in particolare riguardano i seguenti settori:
- Procedura generale centrale operativa;
- Procedura gara ed appalti;
- Procedura generale incaricati;
- Procedura archivio;
- Procedura paghe.
A tali procedure di trattamento dei dati sensibili, si affianca un sistema informatico che consente l’accesso a determinati settori amministrativi dell’azienda considerati altamente sensibili solo a soggetti predefiniti ex ante.
4.4.6. GESTIONE SICUREZZA E SALUTE NEI LUOGHI DI LAVORO
L’Azienda ha predisposto ed applica una Procedura per definire le modalità di analisi e di individuazione dei pericoli presenti nei Siti aziendali, identificare e valutare i rischi connessi alle attività lavorative svolte e definire le misure di prevenzione da mettere in atto per la salvaguardia della salute e della sicurezza dei Lavoratori dipendenti e dei Lavoratori delle Imprese appaltatrici.
Il DL (datore di lavoro) non può delegare la seguente attività, ovvero la valutazione di tutti i rischi con la conseguente adozione dei documenti previsti dall’art. 28 del D.Lgs 81/2008 (Valutazione dei Rischi).
Gli elementi centrali degli adempimenti previsti dall’art. 28 del D. Lgs n. 81/2008 sono la valutazione dei rischi derivanti dalle attività ordinarie e straordinarie e l’individuazione delle appropriate misure di prevenzione e di protezione per la cui realizzazione devono essere adottati tempi e metodi congrui con la valutazione effettuata.
RSPP, con la collaborazione del Responsabile del Sistema di Gestione ad Intervalli di tempo prefissati effettua la Valutazione dei Rischi presso la Sede.
Ai sensi della vigente legislazione ogniqualvolta vi siano variazioni sostanziali e significative delle attività lavorative, delle sostanze impiegate e/o delle attrezzature e degli impianti utilizzati, RSPP in collaborazione con il Responsabile del Sistema di Gestione esegue una nuova valutazione dei rischi.
Almeno una volta l’anno il Datore di lavoro indice una riunione per ogni sito aziendale prevista dall’art. 35 del D. Lgs 81/2008 alla quale partecipano attivamente:
- il Datore di lavoro o un suo rappresentante;
- l’RSPP;
- il Medico competente;
- il Rappresentante dei lavoratori per la Sicurezza.
Dal punto di vista metodologico, l’intero processo è pianificato in quattro momenti distinti:
- Ricerca ed individuazione dei rischi;
- Valutazione di ogni rischio individuato;
- Analisi conclusiva dei rischi valutati;
- Controllo del rischio con l’adozione delle opportune misure di intervento.
La ricerca ed individuazione dei rischi è a sua volta suddivisa in quattro momenti distinti:
- identificazione dei pericoli o fattori di rischio;
- identificazione delle persone esposte (Dipendenti, Fornitori, Visitatori);
- stima della gravità e della probabilità degli effetti;
- descrizione del rischio.
Relativamente all’ identificazione del pericoli o fattori di rischio, RSPP (Responsabile Servizio Prevenzione Protezione), con la collaborazione del Responsabile del Sistema di Gestione, procede all’identificazione di sostanze, attrezzature ed agenti fisici utilizzati nel lavoro che potrebbero costituire cause potenziali di danno, procede all’identificazione dei rischi connessi all’utilizzo dei vari strumenti di lavoro (tenendo conto anche del comportamento e della formazione del personale come fattori che possono contribuire a determinare il livello di rischio), procede all’identificazione dei fattori di rischio sulla base delle norme di legge e degli standard tecnici, dei dati desunti dall’esperienza, delle informazioni raccolte e dei contributi apportati da quanti, a diverso titolo, hanno concorso alla valutazione.
Relativamente all’ identificazione delle persone esposte, RSPP identifica i Lavoratori per mansione, sia in funzione della eventuale segnalazione al Medico Competente per gli adempimenti in merito alla sorveglianza sanitaria, sia per la programmazione dei successivi interventi di informazione e formazione.
Relativamente alla Stima della gravità e della probabilità degli effetti RSPP effettua una stima dell’entità delle esposizioni attraverso la valutazione della frequenza e della durata delle lavorazioni che comportano rischi per la salute e la sicurezza del Lavoratori ed in talune situazioni procede ad una stima più precisa delle esposizioni ai pericoli, tramite misure di Igiene industriale o criteri di valutazione più specifici e dettagliati.
Relativamente alla Descrizione del rischio RSPP utilizza e registra gli esiti di questa attività sulla apposita “Scheda valutazione del rischio”.
Per la valutazione di ogni rischio individuato RSPP utilizza la “Scheda valutazione del Rischio” sulla quale indica il Sito sottoposto a valutazione, descrive l’attività svolta, le mansioni ed i Lavoratori esposti, i pericoli ed i rischi connessi e le mancanze rilevate.
Per le “Schede di valutazione del Rischio” specifiche di ogni sito si rinvia, quale parte integrante e sostanziale del presente modello organizzativo alla cartella DVR con il seguente percorso: DATI – DOCUMENTI SICUREZZA – SITO DI INTERESSE – DVR, la quale è tenuta in costante aggiornamento e della quale ha accesso, ai fini della corretta sorveglianza circa l’effettività del presente modello, il Presidente dell’Organismo di Vigilanza.
Ogni preposto e RSPP, nell’espletamento delle proprie attività e relativamente ai Rischi individuati, controlla che i Lavoratori rispettino le prescrizioni e che operino con la consapevolezza dei rischi e dei pericoli, riferisce al Responsabile del Sistema di Gestione ogni problema rilevato e/o suggerito dalle Parti interessate, individua con il Responsabile del Sistema di Gestione risoluzioni più adeguate alla prevenzione dei rischi ed alla protezione dei lavoratori.
4.4.7. GESTIONE QUALITÀ AMBIENTALE
L’Azienda ha predisposto ed applica una Procedura per individuare gli aspetti ambientali diretti e indiretti che possono causare impatti significativi, che possono essere tenuti sotto controllo e sui quali l’Azienda può avere influenza.
Sono tenuti in considerazione per stabilire gli Obiettivi ed i Traguardi ambientali ed il Programma di gestione ambientale dell’Organizzazione.
Il Responsabile Qualità Ambiente e Sicurezza con la collaborazione dei Responsabili Operativi interessati ed a intervalli di tempo prefissati, effettua Analisi Ambientali presso la Sede.
Le Analisi Ambientali vengono comunque effettuate ogniqualvolta occorrano variazioni sostanziali e significative delle attività lavorative, delle sostanze impiegate e/o delle attrezzature e degli impianti utilizzati.
Ogni Analisi Ambientale considera una dettagliata descrizione di ogni Sito, degli Impianti e delle attrezzature, i volumi di sostanze, materie prime e rifiuti trattati e/o movimentati nel Sito, le analisi delle sue interazioni con aria, acqua, suolo, sottosuolo ed uomo, delle problematiche emerse precedentemente e delle prescrizioni legali vigenti, la conformità aziendale, le attività svolte dal Personale addetto interno e/o dai Fornitori, la valutazione degli aspetti ambientali indiretti influenzabili, le prassi ambientali in uso e nuove prassi da intraprendere, la ricerca, individuazione degli aspetti ambientali e dei connessi rischi di impatto.
Il Responsabile del Sistema di Gestione formalizza ogni Analisi Ambientale mediante individuazione e registrazione dell’aspetto ambientale da analizzare e degli elementi di rischio connessi, della descrizione della frequenza con la quale ricorre il rischio di impatto ambientale, della valutazione delle probabilità di accadimento dell’Impatto ambientale, dell’Intensità dello stesso e della qualità dei controlli effettuati, della gravità delle conseguenze di un eventuale impatto ambientale e, quando necessario, anche degli aspetti socio economici.
Il Responsabile del Sistema di Gestione registra i punteggi di valutazione di ogni singolo aspetto ambientale valutato, elenca quelli significativi, sottopone ogni Analisi Ambientale alla verifica della Direzione Operativa (DO) ed all’approvazione del Datore di Lavoro, il quale acquisisce i valori misurati delle prestazioni ambientali come dati cui riferirsi per il miglioramento continuo.
Tutti gli aspetti ambientali significativi individuati sono tenuti sotto controllo con quanto predisposto nel “Piano di sorveglianza e misurazione” e nel “Piano di sorveglianza degli aspetti ambientali”.
Ogni Responsabile Operativo tiene sotto controllo gli Aspetti Ambientale durante l’attuazione dei Processi e dei Servizi ed ha il compito di informare tempestivamente il Responsabile del Sistema di Gestione dell’insorgere di tutte le anomalie e non conformità non previste nell’analisi ambientale e che possono causare o hanno già causato impatti ambientali significativi.
In questo caso il Responsabile del Sistema di Gestione con la fattiva collaborazione del RO coinvolto e quando opportuno e/o necessario con la Direzione Operativa (DO), ricerca e dà pronta applicazione ad interventi commisurati alla risoluzione dell’anomalia o della non conformità occorsa al fine di evitarne assolutamente II ripetersi, anche modificando le procedure esistenti o predisponendone di nuove per estendere i controlli su nuovi aspetti ambientali e/o su nuove attività che possono avere influenza sull’ambiente.
4.5. CLASSIFICAZIONE DEL RISCHIO
A seguito delle individuazioni delle aree sensibili e delle misure di prevenzione già poste in essere dalla società SI.SE SPA, il Consiglio di Amministrazione della stessa Società ha potuto valutare e classificare il grado di Rischio per ogni Area Sensibile, secondo le modalità meglio sopra definite ovvero attraverso le seguenti procedure:
- per quanto concerne i reati relativi all’area contabile – amministrativa, la società attraverso l’auditing e la verifica delle procedure già in essere, ha ricercato i punti di debolezza nelle stesse operazioni, determinando il c.d. Rischio di Infrazione;
- per quanto concerne i reati di cui alla macro area produttiva, ovvero per la generale “Valutazione del Rischio di Infrazione e commissione del reato” è stata presa in considerazione da un lato la gravità degli effetti che tali reati presupposto possono provocare Gravità (Impatto/Danno) G, dall’altro la Probabilità P che il reato possa essere commesso, mitigata dalla Copertura C delle procedure in essere implementate anche dal presente “Modello Organizzativo” applicato e finalizzata a mitigare il rischio che tali fattispecie si realizzino (probabilità di commissione del reato – mitigata dalla copertura “As is analisys)”.
Secondo le suddette modalità operative la Società ha classificato i fattori di Rischio come segue:
Area amministrativa – contabile
Per quanto concerne l’area sensibile relativa all’approvvigionamento beni e servizi e gestione amministrativa, contabile e finanziaria, il Rischio è stato classificato quale R3-4.
Per quanto riguarda, invece, le aree sensibili relative alla Gestione rapporti sociali, alla Gestione mercati regolamentati, alla Gestione risorse umane, alla Gestione dei sistemi informatici e privacy il Rischio è stato valutato e classificato quale R 1-2.
Area produttiva
Relativamente alla Area Sensibile Gestione sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, anche la classificazione del Rischio, come la descrizione delle Aree sensibili e delle relative Procedure di prevenzione, viene classificato come R. 3-4.
Per quanto concerne l’Area Sensibile Gestione rifiuti ed ambienti, il Rischio, al netto della Copertura è stato classificato in R 3.
4.6. MODALITÀ DI SEGNALAZIONE DEI REATI
La società ha posto in essere una Politica Whistleblowing (confronta capitolo 6 del presente modello), che prevede una procedura di Segnalazione attraverso la redazione di appositi rapporti da parte di dipendenti, clienti, appaltatori che riscontrino comportamenti anomali e anche solo potenzialmente contra legem.
Tali rapporti possono essere fatti ad un supervisore diretto, all’ Amministratore Delegato, alle Risorse Umane o all’ Organismo di Vigilanza.
5. SISTEMA SANZIONATORIO
5.1. INTRODUZIONE
Un punto essenziale nella costruzione di un Modello di Organizzazione e Gestione e Controllo, ex art. 6 D.Lgs. n. 231/2001, è costituito dalla previsione di un adeguato Sistema Sanzionatorio per la violazione delle procedure previste dal Modello stesso, nonché per la violazione dei principi contenuti nel Codice.
Pertanto, la definizione di un adeguato Sistema Sanzionatorio costituisce un presupposto essenziale della valenza scriminante del Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo ex D.Lgs. n. 231/2001 rispetto alla responsabilità amministrativa degli Enti.
Data la gravità delle conseguenze per la Società in caso di comportamenti illeciti di dipendenti, dirigenti, amministratori e sindaci, qualsiasi inosservanza del Modello configura violazione dei doveri di diligenza e di fedeltà e, nei casi più gravi, lede il rapporto di fiducia instaurato con la Società.
Le violazioni del Modello Organizzativo e del Codice saranno assoggettate alle sanzioni disciplinari di seguito previste, a prescindere dall’eventuale responsabilità di carattere penale e dall’esito del relativo giudizio.
5.2. CRITERI DI VALUTAZIONE DELLA VIOLAZIONE
Il tipo e l’entità di ciascuna delle sanzioni sopra richiamate, inoltre, saranno applicate anche tenendo conto:
- della intenzionalità del comportamento o del grado di negligenza, imprudenza o imperizia con riguardo anche alla prevedibilità dell’evento;
- del comportamento complessivo del lavoratore con particolare riguardo alla sussistenza o meno di precedenti disciplinari del medesimo, nei limiti consentiti dalle Legge;
- delle mansioni del lavoratore;
- della posizione funzionale delle persone coinvolte nei fatti costituenti la mancanza; delle altre particolari circostanze che accompagnano l’illecito disciplinare.
È fatta salva la prerogativa della Società di chiedere il risarcimento dei danni derivanti dalla violazione del Modello da parte di un dipendente.
Il risarcimento dei danni eventualmente richiesto sarà commisurato:
- al livello di responsabilità ed autonomia del dipendente, autore dell’illecito disciplinare;
- all’eventuale esistenza di precedenti disciplinari a carico dello stesso;
- al grado di intenzionalità del suo comportamento;
- alla gravità degli effetti del medesimo, con ciò intendendosi il livello di rischio cui la Società ragionevolmente ritiene di essere stata esposta – ai sensi e per gli effetti del D.Lgs. n. 231/2001 – a seguito della condotta censurata.
5.3. SANZIONI NEI CONFRONTI DEI LAVORATORI DIPENDENTI NON DIRIGENTI
Per quanto riguarda i lavoratori dipendenti, i comportamenti da essi tenuti in violazione delle regole comportamentali previste nel Codice Etico e nel Modello sono considerati inadempimento delle obbligazioni primarie del rapporto di lavoro e, pertanto, hanno rilevanza anche quali illeciti disciplinari, nel rispetto delle norme specialistiche (in particolare, CCNL e Contratti Integrativi Aziendali applicabili) e delle procedure di settore
vigenti (art. 7 Statuto dei Lavoratori).
Le sanzioni disciplinari potranno essere applicate nel caso di violazioni derivanti, a titolo esemplificativo, da:
- mancato rispetto dei principi di comportamento contenuti dalle regole e procedure previste dal Modello Organizzativo;
- mancato rispetto delle procedure aziendali relativamente alle modalità di documentazione, conservazione e di controllo degli atti relativi alle procedure del Modello, in modo da impedire la trasparenza e la verificabilità della stessa;
- violazione e/o elusione del sistema di controllo posto in essere mediante la sottrazione, la distruzione o l’alterazione della documentazione prevista dalle procedure ovvero impedendo il controllo o l’accesso alle informazioni ed alla documentazione ai soggetti preposti, incluso l’Organismo di Vigilanza;
- inosservanza delle disposizioni relative ai poteri di firma e del sistema delle deleghe;
- omessa vigilanza da parte dei superiori gerarchici sul comportamento dei propri sottoposti circa la corretta e effettiva applicazione dei principi contenuti nelle procedure.
Le sanzioni applicabili ai lavoratori, nel rispetto delle procedure prescritte dall’articolo 7 della Legge 30 maggio 1970, n. 300, sono quelle previste dal Contratto Collettivo di Lavoro per le lavoratrici e i lavoratori:
- Richiamo verbale o scritto (secondo la gravità)
Incorre in questa sanzione il lavoratore che agisca in violazione delle regole contenute nel presente Modello ovvero adotti, nell’espletamento di attività a rischio, condotte non conformi alle prescrizioni dello stesso. - Multa fino all’importo di quattro ore di retribuzione
Incorre in questa sanzione il lavoratore che, più volte, agisca in violazione delle regole contenute nel presente Modello ovvero adotti, nell’espletamento di attività a rischio, condotte non conformi alle prescrizioni dello stesso. - Sospensione dal lavoro fino ad un massimo di dieci giorni
Incorre in questa sanzione il lavoratore che, violando le regole contenute nel presente Modello ovvero adottando, nell’espletamento di attività a rischio, condotte non conformi alle prescrizioni dello stesso, arrechi danno SI.SE SPA., ovvero la esponga al rischio di applicazione delle misure previste dal D.Lgs. n. 231/2001. - Licenziamento
Incorre in questa sanzione il lavoratore che, nell’espletamento di attività a rischio, adotti, in violazione delle regole contenute nel presente Modello, condotte che determino la applicazione a carico di SI.SE SPA delle misure sanzionatorie previste dal D.Lgs. n. 231/2001.
5.4. SANZIONI NEI CONFRONTI DEI DIRIGENTI
5.5. MISURE NEI CONFRONTI DI AMMINISTRATORI
Su segnalazione dell’Organismo di Vigilanza, il Collegio Sindacale, dopo attenta e approfondita valutazione, provvederà, se del caso, nei confronti dell’Amministratore resosi inadempiente:
- all’esercizio diretto dell’azione sociale di responsabilità ex Art. n. 2393, comma 3 del Codice Civile;
- alla convocazione del Consiglio di Amministrazione e/o dell’Assemblea dei Soci,ponendo all’ordine del giorno l’esercizio dell’azione sociale di responsabilità nonché la revoca del medesimo.
5.6. MISURE NEI CONFRONTI DEI SINDACI
Qualora alla responsabilità degli Amministratori (vedi paragrafo precedente) si accompagni la responsabilità dei Sindaci, per omessa vigilanza ex Art. 2407 del Codice Civile, l’Assemblea dei Soci, dopo attenta e approfondita valutazione, provvederà direttamente ad adottare le misure disciplinari nei confronti degli Organi sociali.
5.7. MISURE NEI CONFRONTI DI PARTNER COMMERCIALI, CONSULENTI E COLLABORATORI ESTERNI
La violazione da parte di partner commerciali, consulenti e collaboratori esterni, comunque denominati, o altri soggetti aventi rapporti contrattuali con la Società, delle disposizioni e delle regole di comportamento previste dal Modello agli stessi applicabili, o l’eventuale commissione dei reati contemplati dal D.Lgs. n. 231/2001 da parte degli stessi verrà sanzionata secondo quanto previsto nelle specifiche clausole contrattuali che saranno inserite nei relativi contratti.
Con tali clausole il terzo si obbliga ad adottare ed attuare efficacemente procedure aziendali e/o a tenere comportamenti idonei a prevenire la commissione, anche tentata, dei reati in relazione ai quali si applicano le sanzioni previste nel D.Lgs. n. 231/2001.
L’inadempimento, anche parziale, di tale obbligazione, è sanzionato con la facoltà della Società di sospendere l’esecuzione del contratto e/o di recedere unilateralmente dallo stesso, anche in corso di esecuzione, oppure di risolvere il medesimo contratto, fatto salvo il diritto della Società al risarcimento degli eventuali danni subiti.
6. PROCEDURA DI WHISTLEBLOWING PER LA SEGNALAZIONE DI ILLECITI E IRREGOLARITA
Premessa
Il Whistleblowing è uno strumento di derivazione anglosassone attraverso il quale è possibile segnalare a specifici soggetti o organismi (compresi organi di polizia ed autorità pubbliche) una possibile frode, un reato, un illecito o qualunque condotta irregolare, commessa da soggetti facenti parte della stessaorganizzazione.
6.1. NORMATIVA E CAMPO D’APPLICAZIONE
Il presente documento si applica alla società SI.SE SPA e disciplina il processo di ricezione, analisi e trattamento delle segnalazioni regolamentate dalla L. 30 novembre 2017, n. 179 recante disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato, in forza della modifica della stessa legge (n. 179/2017), la quale ha riformulato l’articolo 6 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 come segue:
“Art. 6. Soggetti in posizione apicale e modelli di organizzazione dell’ente
1. Se il reato è stato commesso dalle persone indicate nell’articolo 5, comma 1, lettera a), l’ente non risponde se prova
che:
a) l’organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;
b) il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo;
c) le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione;
d) non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo di cui alla lettera b).
2. In relazione all’estensione dei poteri delegati e al rischio di commissione dei reati, i modelli di cui alla lettera a), del comma 1, devono rispondere alle seguenti esigenze:
a) individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi reati;
b) prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente in relazione ai reati da prevenire;
c) individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati;
d) prevedere obblighi di informazione nei confronti dell’organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli;
e) introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.
2-bis. I modelli di cui alla lettera a) del comma 1 prevedono: (comma introdotto dall’art. 2 della legge n. 179 del 2017):
a) uno o più canali che consentano ai soggetti indicati nell’articolo 5, comma 1, lettere a) e b), di presentare, a tutela dell’integrità dell’ente, segnalazioni circostanziate di condotte illecite, rilevanti ai sensi del presente decreto e fondate su elementi di fatto precisi e concordanti, o di violazioni del modello di organizzazione e gestione dell’ente, di cui siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte; tali canali garantiscono la riservatezza dell’identità del segnalante nelle attività di gestione della segnalazione;
b) almeno un canale alternativo di segnalazione idoneo a garantire, con modalità informatiche, la riservatezza dell’identità del segnalante;
c) il divieto di atti di ritorsione o discriminatori, diretti o indiretti, nei confronti del segnalante per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla segnalazione;
d) nel sistema disciplinare adottato ai sensi del comma 2, lettera e), sanzioni nei confronti di chi viola le misure di tutela del segnalante, nonché di chi effettua con dolo o colpa grave segnalazioni che si rivelano infondate.
2-ter. L’adozione di misure discriminatorie nei confronti dei soggetti che effettuano le segnalazioni di cui al comma 2- bis può essere denunciata all’Ispettorato nazionale del lavoro, per i provvedimenti di propria competenza, oltre che dal segnalante, anche dall’organizzazione sindacale indicata dal medesimo. (comma introdotto dall’art. 2 della legge n. 179 del 2017)
2-quater. Il licenziamento ritorsivo o discriminatorio del soggetto segnalante è nullo. Sono altresì nulli il mutamento di mansioni ai sensi dell’articolo 2103 del codice civile, nonché qualsiasi altra misura ritorsiva o discriminatoria adottata nei confronti del segnalante. È onere del datore di lavoro, in caso di controversie legate all’irrogazione di sanzioni disciplinari, o a demansionamenti, licenziamenti, trasferimenti, o sottoposizione del segnalante ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro, successivi alla presentazione della segnalazione, dimostrare che tali misure sono fondate su ragioni estranee alla segnalazione stessa. (comma introdotto dall’art. 2 della legge n. 179 del 2017).
3. I modelli di organizzazione e di gestione possono essere adottati, garantendo le esigenze di cui al comma 2, sulla base di codici di comportamento redatti dalle associazioni rappresentative degli enti, comunicati al Ministero della giustizia che, di concerto con i Ministeri competenti, può formulare, entro trenta giorni, osservazioni sulla idoneità dei modelli a prevenire i reati.
4. Negli enti di piccole dimensioni i compiti indicati nella lettera b), del comma 1, possono essere svolti direttamente dall’organo dirigente.
4-bis. Nelle società di capitali il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza e il comitato per il controllo della gestione possono svolgere le funzioni dell’organismo di vigilanza di cui al comma 1, lettera b).
5. È comunque disposta la confisca del profitto che l’ente ha tratto dal reato, anche nella forma per equivalente.
6.2. SCOPO
Lo scopo del presente documento è:
- Di presentare la procedura da seguire;
- Si presentare le forme di tutela per i dipendenti che presentano la segnalazione;
- Rimuovere i dubbi e/o le incertezze circa i timori di ritorsioni o discriminazioni.
6.3. METODOLOGIA OPERATIVA
6.3.1. CHI PUÒ PRESENTARE UN RAPPORTO
Può presentare rapporto sia qualsiasi soggetto che riveste funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale sia i soggetti che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso sia qualsiasi dipendente di SI.SE SPA di qualsiasi livello o di tipologia di contratto di lavoro, qualsiasi subappaltatore che lavorando per o con SI.SE SPA , o qualsiasi fornitore di beni o servizi può fare una segnalazione.
6.3.2. CHE COSA SEGNALARE
Le segnalazioni possono riguardare sia azioni sia omissioni che:
- Abbiano una rilevanza penale;
- Siano in violazione del codice etico, del documento di politica anticorruzione e/o altre disposizioni e procedure aziendali;
- Siano in grado di arrecare un pregiudizio patrimoniale alla società;
- Siano potenzialmente in grado di arrecare un danno alla salute e sicurezza dei dipendenti degli utenti e dei cittadini.
Il whistleblowing non può riguardare lamentele di carattere personale del segnalante e/o rivendicazioni o istanze che rientrino nella disciplina del rapporto di lavoro (a titolo esemplificativo e non esaustivo rapporti con il superiore gerarchico e/o con colleghi di lavoro).
6.3.3. CONTENUTO DELLE SEGNALAZIONI
Il whistleblowing deve fornire nella Segnalazione tutti gli elementi necessari per consentire agli uffici competenti di procedere alle dovute ed appropriate verifiche ed accertamento circa la fondatezza della segnalazione.
Per tale ragione la segnalazione dovrà contenere i seguenti elementi:
a) Generalità del soggetto che effettua la segnalazione con l’indicazione del ruolo ricoperto in azienda; in caso di segnalazioni anonime, la ditta prenderà comunque in considerazione dette segnalazioni, ma i segnalanti anonimi devono essere a conoscenza che:
- La loro segnalazione, in quanto anonima, potrebbe comportare per l’azienda una difficoltà di accertamento del fatto segnalato;
- Il soggetto segnalante anonimo non avrà un feedback relativo all’andamento della verifica della segnalazione;
- Non sarà possibile per l’azienda, non conoscendo il nominativo del soggetto segnalante porre in essere le tutele di cui infra per i casi di segnalazione.
b) Descrizione analitica e non generica dei fatti oggetto della segnalazione;
c) Circostanze temporali e di luogo ove i fatti oggetto di segnalazione sono stati commessi;
d) Elementi che consentano di identificare il soggetto agente che ha commesso il fatto segnalato;
e) Indicazione di eventuali altri soggetti che possano fornire elementi utili per la ricostruzione del fatto oggetto di segnalazione;
f) Ogni altra documentazione utile per la ricostruzione del fatto oggetto di segnalazione.
Sul sito internet della società – https://www.sisespa.com è reperibile il modello di segnalazione, con l’indicazione dei suddetti elementi opportuni per una corretta segnalazione.
6.3.4. Destinatario delle segnalazioni
Anche in assenza di un’espressa previsione nella Legge 179/2017 la scelta di collocare la disciplina whist nel Decreto Legislativo 231/2001 avvalora la tesi per cui l’Organismo di Vigilanza è l’organo adatto a rivestire il ruolo di destinatario delle segnalazioni effettuate dai whistleblower, considerato che l’Odv:
- ha chiaramente competenza specifica in materia di 231/2001;
- è già destinatario di flussi informativi aventi ad oggetto le risultanze periodiche delle attività di controllo;
- è destinatario delle anomalie riscontrate;
- utilizza già canali riservati di segnalazione.
Per tale ragione il soggetto preposto alla ricezione delle segnalazioni è il Presidente dell’Organismo di Vigilanza.
Le segnalazioni potranno essere inviate alla seguente pec riservata pec.sisespa@pec.it , sulla base del modello di segnalazione sopra allegato.
6.3.5. COMPITI DI CHI RICEVE LA SEGNALAZIONE
Ricevuta la segnalazione attraverso il canale riservato di cui sopra il responsabile effettuerà un primo vaglio di ammissibilità della segnalazione stessa.
In particolare il responsabile valuterà:
- Che la segnalazione non integri una fattispecie personale/lavorativa o mera lamentela;
- Che il fatto segnalato non sia stato già valutato in precedenza dalla organizzazione societaria;
- Che l’oggetto della segnalazione sia sufficientemente analitico da consentire la prosecuzione dell’indagine circa il fatto segnalato;
Se il soggetto responsabile riterrà, già da tale primo vaglio di ammissibilità, infondata la segnalazione provvederà all’archiviazione della stessa, dandone opportuna comunicazione al segnalante (se non anonimo).
Nel caso in cui, invece, il primo vaglio della segnalazione, porti ad una valutazione positiva della stessa, il responsabile procederà con ulteriore attività di indagine, al fine di appurare la fondatezza della stessa.
Qualora, all’esito dell’indagine di cui sopra, il Responsabile riterrà la segnalazione fondata dovrà:
- Presentare denuncia all’autorità giudiziaria competente;
- Comunicare l’esito dell’accertamento al Consiglio di Amministrazione de SI.SE SPA
In qualsiasi momento il whistle-blower non anonimo potrà:
- Richiedere aggiornamento sullo stato delle indagini;
- Contattare il responsabile per fornire ulteriori dettagli.
Il responsabile si impegna a comunicare al segnalante la conclusione dell’indagine ed al termine dell’indagine investigativa dovrà:
- Compilare un report finale dell’indagine;
- Archiviare tutta la documentazione pertinente l’indagine, compreso il report, in modo idoneo ad evitare l’accesso a terzi e nel rispetto della normativa vigente in materia di privacy.
6.4. TUTELE DEL WHISTLEBLOWER
Il responsabile dovrà trattare con riservatezza l’identità del segnalante: il nome dello stesso non verrà comunicato a nessuno, salvo il suo consenso a meno che la legge o provvedimenti emessi dalle competenti autorità non lo richiedano espressamente.
Non sarà consentita alcuna forma di ritorsione o azione discriminatoria, diretta od indiretta aventi effetti sulle condizioni di lavoro del segnalante per motivi collegati alla segnalazione.
Alcuni esempi di recriminazioni includono:
- perdita del lavoro;
- l’abuso fisico o psicologico o minacce;
- retrocessione di ruolo;
- pagamenti ritardati o non effettuati;
- perdita o rischio di perdita di contratti o affari con SI.SE SPA.
Qualora dovessero verificarsi atti di ritorsione questi dovranno immediatamente essere segnalati.
Chiunque attui una ritorsione contro un whistle-blower, che abbia riportato una violazione in buona fede sarà oggetto di provvedimenti disciplinari, che potranno comprendere, nei casi di particolare gravità, anche il licenziamento.
L’efficacia di questa politica di protezione del soggetto segnalante si basa sulla buona fede di tutte le parti interessate.
Ogni comunicazione deve essere fatta in buona fede.
Qualsiasi persona che pensi di fare una rivelazione con intento doloso per danneggiare un’altra persona o l’organizzazione può perdere i benefici disponibili ai sensi della presente politica, ed essere soggetto ad azione disciplinare e giudiziaria.
SI.SE SPA non può fornire l’immunità da qualsiasi responsabilità legale civile e penale derivante dalle azioni di una persona che fa una rivelazione in questa politica.
La presente procedura, infatti, lascia impregiudicata la responsabilità penale e disciplinare del whistleblower nell’ipotesi di segnalazioni calunniose e/o diffamatorie ai sensi delle norme del codice penale e dell’art. 2043 c.c.
6.5. TUTELE DEL SEGNALATO
Il responsabile e tutti gli altri soggetti facenti parte della società, eventualmente coinvolti nella fase di indagine, tratteranno l’identità del segnalato con riservatezza sino a che non si sia conclusa la fase di accertamento della sua responsabilità.
Di conseguenza, senza il suo consenso, sino alla chiusura della fase di accertamento della segnalazione non verrà comunicato il nome del segnalato.
Non si procederà ad alcuna sanzione disciplinare nei confronti del segnalato senza che vi siano riscontri oggettivi ed univoci alla segnalazione effettuata dal segnalante.
6.6. SANZIONI
Anche per la politica di Whistleblowing verrà applicato il sistema sanzionatorio di cui al precedente capitolo 5.